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Finocchiaro (Confercontribuenti): abbiamo bisogno di un Fisco amico

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Di Redazione

Il progetto di riforma del sistema fiscale è stato definitivamente accantonata la riforma del sistema fiscale delineata nella legge delega approvata il 5 ottobre 2021.

Con la nuova Legislatura si apre, forse, una nuova fase. Andranno rivisti i meccanismi di tassazione e ridefinite le linee di intervento, sperando che poi vengano davvero declinate in azioni concrete. Tra le tante questioni, le recenti esperienze sulla travagliata applicazione dei vari crediti d’imposta dimostra che dovrà essere posto al centro dei futuri interventi il superamento o l’ampia rivisitazione del meccanismo dei “bonus”.

La riforma del Fisco non è nuova. In questi anni vi sono stati tanti tentativi di modernizzare il nostro ordinamento tributario, ancora ancorato alla struttura portante emersa nei primi anni Settanta, la cui coerenza ed efficienza è stata progressivamente messa in discussione dal disordinato stratificarsi delle modifiche e degli interventi contingenti susseguitisi sino ai nostri giorni.

Non occorre, però, un particolare acume per immaginare che le parole chiave con le quali il nuovo tentativo di riforma sarà presentato saranno quelle della riduzione della pressione fiscale, del contrasto all’evasione, della semplificazione.

Abbiamo bisogno di un Fisco amico – dice Carmelo Finocchiaro, presidente della Confedercontribuenti – perché c’è uno squilibrio nel rapporto fisco-contribuente e iniquità delle sanzioni; vengono sanzionate anche irregolarità formali e questo anche a causa della complicazione e farraginosità delle norme. Occorrono norme chiare e semplice, comprensibili al contribuente”.

Tra varie le riforme richieste vi è la revisione dei meccanismi di tassazione è, infatti, un passaggio imprescindibile non solo per poter adeguatamente affrontare i gravissimi problemi economici che stanno ormai vivendo le imprese e le famiglie italiane, ma anche per continuare ad intercettare le misure di sostegno previste in sede comunitaria.

È imprescindibile porre al centro dei futuri interventi il definitivo superamento (o, comunque, l’ampia rivisitazione) del meccanismo (tanto sostenuto, specie negli ultimi anni) dei crediti di imposta (i c.d. bonus) riconosciuti in corrispondenza di specifiche attività di consumo o di investimento da parte dei contribuenti.

In conclusione, non può che auspicarsi che le proposte di riforma fiscale annunciate da più parti siano seguite da dimostrazioni fattuali, dal momento che eventuali ed ulteriori ritardi del Legislatore aggraverebbero irreversibilmente le già precarie condizioni economiche e sociali del Paese.

“La politica deve assumersi la responsabilità di dare linee guida in ambito fiscale chiare e semplici. Il nostro fisco ha bisogno di una riforma sistemica organica e non emergenziale” continua Finocchiaro “e che sia amico e non solo vessatorio o inquisitorio”.

A tutto ciò aggiungiamo che è necessario, inoltre senza oneri per lo Stato e con un immediato risparmio per contribuenti e amministrazione finanziaria, attribuire alla giurisdizione delle Commissioni Tributarie, in luogo del giudice del lavoro, gli accertamenti fiscali che coinvolgono la contribuzione INPS per artigiani, commercianti e lavoratori autonomi.

Non si riesce a comprendere perché nella materia tributaria non ci deve essere l’affidamento della giustizia ad un giudice vero e proprio? Perché devono continuare ad esistere giudici tributari per la scelta dei quali non è richiesta alcuna prova che attesti la conoscenza del diritto tributario?”, si chiedono gli operatori del settore. Come è noto agli addetti ai lavori, la magistratura tributaria è infatti oggi inspiegabilmente composta da magistrati, a tempo parziale, che non sono dedicati esclusivamente alla risoluzione delle controversie tributarie, in parte togati “provenienti” da altre magistrature e in parte laici-onorari, nessuno scelto con specifico concorso.

Difatti, si ritiene che solo mediante la nomina, per concorso, di giudici tributari professionali sarebbe possibile assicurare la qualità delle decisioni in materia tributaria, nell’interesse dei contribuenti ma anche dell’Erario e quindi della collettività.

La professionalizzazione dei giudici tributari – conclude il presidente della Confederazione – è un’esigenza sentita da tutti, ineludibile e indispensabile, reclamata dalle categorie professionali, dalla stessa Amministrazione finanziaria e dai rappresentati delle imprese. Il governo non può ignorare le nostre proposte di riforma ed è il tempo di dare risposte adeguate, né va della tenuta sociale ed economica del Paese”.