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Del Ringraziamento non ci importa, ma perché non provare a cucinare il tacchino?

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Il Thanksgiving, la festa più sentita dagli americani, non potrà mai mettere radici in Italia. Ma il suo protagonista indiscusso, il tacchino, qualche chance ce l’ha già. Farcito con le castagne è già presente in alcune cucine regionali come piatto forte delle festività natalizie.

Ma per chi volesse cimentarsi giovedì – il giorno del Ringraziamento – con il pennuto, ecco alcuni consigli della stella Michelin Francesco Apreda, dal 2019 al The Pantheon/Iconic Rome Hotel nella cucina di Idylio by Apreda.

“Ho lavorato da sempre nelle cucine dei grandi hotel e, vista la grande presenza degli americani, il Ringraziamento è un appuntamento fisso del calendario gastronomico. E con esso l’immancabile tacchino”, ha commentato Apreda all’AGI. Non solo: “Mia moglie è americana, alla nostra tavola siedono spesso anche i suoi parenti ed è importante cucinarlo come da tradizione”. Per i palati meno aperti alle contaminazioni invece “ci sono alcune varianti” alle pietanze a stelle e strisce. 

​Prima di mettersi ai fornelli, però, è importante munirsi di un ingrediente indispensabile: la pazienza. Il tacchino infatti necessita di una preparazione e di una cottura lenta. Basti pensare che un tacchino piccolo di 4 chili necessita di una cottura di almeno 2 ore.

“Il tacchino è farcito, quindi partiamo da quello. Per il ripieno usiamo la carne dell’animale stesso, salsicce, pane, uovo e castagne. Queste ultime le arrostiamo, le sgusciamo e le uniamo al composto che introduciamo nel tacchino insieme ad alcuni odori, quali timo e rosmarino, al sale e al pepe”. L’ingrediente in più di Apreda è il tartufo nero, “che non fa parte della tradizione americana, ma ci sta benissimo”.

Il passo successivo è avviare la cottura: “Lo teniamo a 180 gradi. Quando siamo oltre la metà del tempo lo bagnamo con del vino bianco e proseguiamo. Piano piano il vino si asciugherà lasciando un fondo di cottura che servirà dopo. Ma prima che sarà evaporato del tutto controlliamo la cottura con uno spillone: lo inseriamo nella carne e se viene fuori poco succo vuol dire che il tacchino è quasi cotto”. A questo punto, raccomanda lo chef, “alziamo la temperatura al massimo così facciamo arrostire la pelle”.

Non c’è tacchino senza la sua salsa di mirtilli: “Fondamentale. Su ogni fetta di tacchino viene spalmata questa composta che avremo ottenuto unendo la salsa di mirtilli (possiamo comprarla) al fondo di cottura”, spiega Apreda.

“La tradizione vuole poi che il tacchino venga accompagnato con contorni precisi: cavoletti di Bruxelles saltati al burro, fagiolini, purea di zucca, mais”. L’alternativa italiana potrebbe prevedere “purè di patate o castagne saltate in padella”. Il pane, invece, “è rigorosamente di mais”. Come vino “suggerisco un buon rosso, un Barbaresco, magari”.

Infine il dolce della tradizione “che è sempre a base di zucca. Oppure si conclude il pasto con dei biscottini allo zenzero”. La variante addomesticata, suggerisce Apreda, “potrebbe essere una mousse di ricotta con i canditi, accompagnata da salsa con cachi e aceto di mele”.