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Biden il riformatore tranquillo cambierà l’America?

Il pacchetto da 1,9 miliardi approvato ieri non affronta solo il Covid: è l’intervento di welfare più ampio dai tempi di Johnson

Corriere della Sera

marzo 2021da

New York

Massimo Gaggi

Oltre 1.900 miliardi di dollari per un nuovo e ampio welfare. È la più grande manovra negli Stati Uniti dagli anni Sessanta. Joe Biden ha sposato una strategia di basso profilo, opposta a quella di Donald Trump, ma anche lontana da quella di Barack Obama. Ha ricucito i rapporti con il parlamento consentendo al governo di imporre un cambio di passo all’America. Soldi a pioggia con l’obiettivo di ridurre la povertà e aiutare chi ha perso il lavoro a causa della pandemia e si ritrova sull’orlo della bancarotta.

Joe Biden regala all’America l’intervento di welfare più ampio (vale per un anno ma può diventare strutturale) dai tempi della «Great Society»: le riforme sociali della presidenza Johnson negli anni Sessanta del Novecento. C’è anche questo — non solo sussidi momentanei per chi ha perso il lavoro durante la pandemia — nella manovra anti Covid da 1.900 miliardi di dollari approvata definitivamente ieri dal Congresso di Washington. È prematuro parlare di un cambio di stagione radicale per l’America liberista e non è detto che le misure appena varate non abbiano anche effetti negativi, ma di certo la strategia del basso profilo scelta da Joe Biden — l’opposto di quella di Trump, ma anche lontana da quella di Obama — unita a un gran lavoro di cucitura di rapporti parlamentari, consente al nuovo governo di imporre almeno un cambio di passo.

Se n’è accorto tardivamente il Wall Street Journal, organo dell’establishment conservatore, che ha condannato quello che definisce «il Covid Welfare State» in un editoriale pubblicato quando i giochi parlamentari erano ormai fatti. Anche la Fox e le altre reti tv trumpiane, distratte nei giorni cruciali dell’iter della manovra dalle battaglie ideologiche sulla cancel culture, dalla denuncia di una nuova onda di immigrazione clandestina e dai tentativi di incolpare anche la sinistra Antifa per l’assalto al Congresso del 6 gennaio scorso, ha reagito tardi e in modo poco convincente: ha accusato il presidente di statalismo e di dilatare in modo sconsiderato il debito pubblico, ma è difficile far passare per comunista un Biden da sempre moderato e atlantista, mentre negli ultimi anni il vero recordman della dilatazione della spesa pubblica è stato proprio Trump.

La sinistra radicale Usa ha giudicato la manovra riduttiva, protestando per lo stralcio del raddoppio del salario minimo (da 7,25 a 15 dollari l’ora) e il ridimensionamento di alcuni sussidi, ma in realtà questa legge, battezzata American Rescue Plan, è il secondo maggiore piano di sostegno alle famiglie della storia americana che, sommato col pacchetto varato a dicembre (Biden già eletto ma con Trump ancora alla Casa Bianca) farà arrivare in un anno a ogni nucleo familiare non benestante (reddito al di sotto dei 150 mila dollari) con due figli a carico ben 11.400 dollari (9.600 euro).

La manovra — molto più consistente dello stimolo da 800 miliardi col quale Barack Obama nel 2009 cercò di tirare fuori l’America dalla Grande recessione post crollo di Wall Street e assai diversa dalle politiche sociali di Bill Clinton che legava i sussidi alla ricerca attiva di un impiego — distribuisce denaro a pioggia (cosa che solleva non poche critiche) con l’obiettivo di ridurre la povertà e di aiutare chi ha perso il lavoro e non riesce più a mettere cibo in tavola e a pagare l’affitto.

Quando il mercato del lavoro tornerà in condizioni normali questi sussidi verranno ritirati, mentre gli aiuti alle famiglie con figli potrebbero essere estesi: misure che, secondo esperti indipendenti, possono dimezzare la povertà infantile in America. Ma anche misure non prive di pericoli: dal disincentivo a cercare lavoro, alla possibile instabilità finanziaria per l’ulteriore, forte crescita del debito pubblico, negli Usa ormai nettamente superiore al Pil anche se l’allarme su questo fronte si è attenuato pure tra gli economisti e perfino nella destra rigorista, vista la necessità di contrastare gli effetti recessivi della pandemia.

Questa nuova versione allargata

degli assegni familiari (300 dollari al mese per i figli più piccoli, 250 fino a 17 anni) concessa in passato in misura molto più limitata e solo sotto forma di crediti d’imposta, è finanziata per un anno. Ma quando scadrà, nella primavera 2022, l’America sarà a sei mesi dalle elezioni di midterm: i repubblicani che ora si propongono come il partito popolare del ceto medio impoverito difficilmente si opporranno a una proroga che risospingere nella povertà milioni di famiglie.

Biden, intanto, promette di non fermarsi: insisterà su un aumento (magari più graduale) del salario minimo e sul piano da duemila miliardi di dollari per le infrastrutture. Anche qui interventi costosi ma difficili da respingere per la destra, visto che Trump stava andando nella stessa direzione.

Quando, un anno fa, Biden conquistò la nomination democratica per la Casa Bianca suscitando le perplessità di una sinistra che lo considera un professionista della politica di scarso talento e senza carisma scrivemmo che quei dubbi erano fondati, ma che nell’America del dopoguerra c’era stato un altro «presidente per caso» sottovalutato e addirittura detestato, capace di fare grandi cose: Lyndon Johnson che, succeduto al carismatico John Kennedy, in cinque anni fece più riforme di quante ne sono state poi varate dai suoi successori nel mezzo secolo seguente.

È presto per parlare di Biden come del nuovo Johnson. Di certo come lui, il vecchio Joe trasforma la mancanza di carisma in efficace lavoro low profile e come lui gode di circostanze esterne favorevoli: Johnson fece passare riforme incisive e anche i diritti civili per i neri nel nome di JFK in un Congresso ancora stordito dal suo assassinio. Biden può forzare in nome dell’emergenza coronavirus, usa la scarsa efficacia dello stimolo varato nel 2009 da Obama per sostenere che stavolta bisogna fare molto di più e sfrutta le divisioni nel fronte repubblicano, compatto solo a parole.