Non è ancora stata raggiunta l’intesa tra maggioranza e opposizioni sul nome ‘tecnico’ del quarto giudice da eleggere alla Consulta. Ovvero, quello che – secondo un metodo concordato da tempo – deve essere individuato di comune accordo tra nomi non considerabili vicini a nessuna forza politica. Così come non è ancora stato ufficializzato dal centrodestra alle forze di minoranza il nome del giudice in quota Forza Italia. Uno stallo che rischiava di concretizzarsi in una nuova fumata nera, la quindicesima per eleggere il sostituto di Silvana Sciarra, posto vacante da oltre un anno, e la sesta per l’elezione dei restanti tre giudici della Corte costituzionale, chiamati a sostituire l’ex presidente Augusto Barbera e i due vice Franco Modugno e Giulio Prosperetti, il cui incarico è terminato lo scorso dicembre. Da qui la decisione presa da tutte le parti in causa di rinviare la seduta del Parlamento prevista per domani alle 11 alla prossima settimana. La nuova votazione per l’elezione dei quattro giudici della Consulta, dunque, si terrà il 30 gennaio alle 9. Data che dovrebbe essere quella definitiva, salvo sorprese. Nel frattempo, si attende una telefonata tra la premier Giorgia Meloni e la segretaria del Pd Elly Schlein che, secondo fonti di maggioranza, dovrebbe arrivare a breve per sbrigliare l’intoppo e suggellare l’intesa. Ma, appunto, l’intesa ancora non c’è. E come già successo in occasione delle precedenti votazioni andate a vuoto, centrodestra e centrosinistra si rimpallano la responsabilità del mancato accordo. Stando ai ragionamenti che si fanno nel centrodestra, sarebbero le opposizioni a non trovare la quadra al loro interno, rallentando così l’intesa. Di tutt’altro tenore il resoconto della giornata fatto dalle forze di minoranza: è il centrodestra che ancora non ci ha comunicato il nome che spetta a Forza Italia e, per di più, la rosa di tre nomi ‘tecnici’ che le opposizioni hanno consegnato è stata respinta da governo e centrodestra (c’è chi in Transatlantico riferisce che sarebbe stata la premier in persona a pronunciare il suo niet). Ma, spiegano fonti parlamentari del Pd, non c’è alcuna volontà di non trovare la quadra. Al contrario, viene ancora sottolineato, nonostante i tre nomi avanzati siano stati respinti, le opposizioni e in primis i dem sono pronti a lavorare e continueranno a farlo per raggiungere un punto di caduta. Non è escluso che il dossier sia stato trattato, tra i vari temi, anche al vertice di due ore che si è tenuto a palazzo Chigi con Meloni e i leader di maggioranza. Forza Italia respinge al mittente le ricostruzioni fatte dalle minoranze che descrivono un partito ancora non pronto a indicare il suo nome. E fonti di centrodestra riferiscono che, al contrario, al vertice a Chigi Antonio Tajani avrebbe proprio indicato agli alleati il nome in quota azzurri. “Siamo pronti, nessun problema interno al partito”, assicura un big. L’inghippo semmai va da rintracciare nelle opposizioni, è il refrain. Tanto che Tajani spiega: “Aspettiamo che la sinistra trovi un accordo e ci faccia delle proposte per il candidato che deve essere al di sopra delle parti”. Quanto ai nomi, unici punti fermi restano quelli di Francesco Saverio Marini, consigliere giuridico di Palazzo Chigi e ‘padre’ della riforma costituzionale sul premierato, in quota FdI, e di Massimo Luciani, accademico dei Lincei, in quota opposizioni (o, meglio, Pd). Fino a ieri il nome che continuava a restare in campo per il ‘tecnico’ era quello di Valeria Mastroiacovo, presidente dei giuristi cattolici, mentre si dava per uscito dalla rosa dei papabili quello dell’avvocata generale dello Stato Gabriella Palmieri Sandulli. Sul nome in quota FI, tra i capannelli alla Camera non si esclude dai papabili Andrea Di Porto, professore universitario della Sapienza (che è stato tra gli avvocati di Fininvest), così come l’avvocato ed ex parlamentare Roberto Cassinelli, e non viene escluso nemmeno il fatto che Tajani possa tirare fuori dal cilindro un nome a sorpresa. Nella maggioranza, infine, c’è anche chi si azzarda a sostenere che in realtà una scelta definitiva da parte degli azzurri non sia stata ancora fatta, versione che viene però smentita dagli azzurri. (AGI)