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Conclave: l’affondo del card.Zen contro Francesco

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(di Eliana Ruggiero) – Un ricordo affettuoso per Papa Francesco ma anche un affondo al suo operato. Il cardinale Joseph Zen Ze-kiun – a Roma dietro rilascio di una cauzione e dopo aver ottenuto un passaporto per 10 giorni – ha preso la parola alle Congregazioni generali in corso in Vaticano “perché la Chiesa si trova in un momento cruciale di confusione e di divisione e un dovere gravoso – ha sottolineato – incombe sulle spalle” dei cardinali elettori che sono chiamati a nominare un Papa che “sappia riportarci all’armonia e alla pace”. Zen ha denunciato il processo sinodale sotto la guida del Pontefice argentino. Il vescovo emerito di Hong Kong e punto di riferimento del cattolicesimo cinese, indomito difensore della libertà della Chiesa in Cina, prima ha definito Francesco “un padre amoroso” poi ha criticato le riforme attuate. “La parola ‘riforma’ è magica – ha osservato il 93enne porporato – specialmente per i giovani, ma è anche una parola pericolosa. Una ‘riforma’ storica ha staccato una buona parte della nostra Chiesa da noi. La riforma è sempre necessaria perché siamo uomini peccatori, ma una Riforma che intacca gli elementi essenziali della Chiesa fondata da Gesù (una santa, cattolica, apostolica) non è vera riforma”.
“Con il dilagare delle teorie filosofiche atee dell’età moderna e la conseguente dissoluzione dei costumi (la rivoluzione sessuale), la Chiesa subisce un attacco senza precedenti”, è l’analisi di Zen che punta il dito su Francesco. “Purtroppo, nonostante la guida ortodossa dei Pontefici Post Vaticano II, è mancato un capillare assorbimento del vero Concilio, inteso secondo l’ermeneutica di continuità”. “Con lo scoppiare degli abusi sessuali – ha poi aggiunto – la Chiesa è entrata in una fortissima crisi, ma invece di individuare la causa nella rivoluzione sessuale entrata nella Chiesa (perfino nei Seminari) si dà la colpa al ‘clericalismo’ raddoppiando l’umiliazione e lo scoraggiamento del Clero”. “Senza fermarci sui casi (incomprensibilmente tollerati) del cardinale McCarrick, del prete Rupnik e di certi ecclesiastici provati colpevoli dalla giustizia secolare, non possiamo non vedere un malconsigliato tentativo di adeguarsi allo spirito del mondo invece di combatterlo energicamente. Questa accusa è gravissima, ma la realtà sembra risultare evidente esaminando la recente sorte dei sinodi, specialmente quello sulla Sinodalità”. L’affondo di Zen è quindi anche nella struttura. Il cardinale ha osservato che nel precedente Sinodo erano presenti 277 vescovi e 99 non vescovi, quindi più di un terzo rispetto ai presuli, “non è più il Sinodo dei vescovi?”. Non solo: “presidenti delegati sei vescovi, due preti, una suora: non si trovano più vescovi per presiedere?”.
La conclusione del vescovo emerito di Hong Kong è lapidaria: “Gli elettori del futuro Papa devono essere consapevoli che egli avrà la responsabilità di permettere la continuazione del processo sinodale oppure di troncarlo con decisione. Si tratta della vita o della morte della Chiesa fondata da Gesù”, ha concluso temendo, che i vari procedimenti adottati in passato per i Sinodi possano far diventare concreto il rischio di avvicinare la Chiesa cattolica “alla prassi anglicana”. “Sarà possibile tornare indietro dopo alcuni anni di sperimentazione? Come si salvaguarderà l’unità della Chiesa cattolica?”.
Zen a inizio del suo intervento ha ammesso di non poter parlare “di certe cose” e il Financial Times sottolinea tra i temi tabù, quello delicato sul rapporto Santa Sede-Cina, sostenendo che proprio l’accordo siglato con Pechino sulla nomina dei vescovi (intesa criticata dallo stesso Zen) potrà pesare sulla candidatura di Pietro Parolin, considerato da molti come tra i più accreditati a essere eletto al Soglio Petrino. (AGI)
ELI