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Cinisi 9 maggio 1978. 44 anni dall’attentato a Peppino Impastato

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Peppino, un ragazzo di Cinisi, intelligente, colto, la cui famiglia mafiosa creò (suo malgrado) i presupposti per l’impegno politico del giovane attivista, contro la mafia di Don Tano Badalamenti… e non solo. Tra impegno ed ironia

di Anna La Mattina

Sono passati esattamente 44 anni da quel fatidico 9 maggio 1978, quando l’Italia si svegliò con due omicidi destinati a rimanere scolpiti, con solchi incolmabili, nella Storia del nostro Paese: l’uccisione del presidente della Democrazia Cristiana Aldo Moro a Roma e l’uccisione del giovane giornalista e attivista antimafia, candidato alle elezioni comunali con Democrazia Proletaria, Peppino Impastato, a Cinisi in provincia di Palermo.

Questi due tragici eventi lasciarono attoniti tutti noi, che non riuscivamo a dare un senso a tutto ciò: pura coincidenza oppure no? Di certo il fronte della sinistra si spacca; i compagni di Peppino, tutti giovani impegnati con lui, in prima linea, che la realtà di Cinisi rifiutava, chiamandoli in maniera dispregiativa “i mao-mao” (poiché il gruppo si ispirava all’esperienza politica cinese di Mao Tze-Tung), salvo poi a fare la riverenza ai capi-mafia locali (questione di feeling!).

Peppino nasce in una famiglia mafiosa, che tra gli anni ’50 e ’60 governava Cinisi: lo zio era il capo-mafia Cesare Manzella ed il padre Luigi Impastato presto divenne gregario dell’emergente Gaetano Badalamenti, allevatore di mucche a Cinisi e nuovo capo di “Cosa nostra”, la cui ascesa incontrastata avvenne dopo l’attentato a Cesare Manzella: evento quest’ultimo che segnò molto il giovanissimo Peppino. Appena adolescente comincia a riflettere sul fatto che, nel mondo intorno a sé, nella sua famiglia c’era qualcosa che non funzionava … e questo “qualcosa” piano piano diveniva sempre più chiaro: era la mentalità mafiosa che non andava e con essa il conseguente modus-vivendi che ne scaturiva: logica di morte e di brutture, arretratezza culturale e prepotenze sui deboli, che tuttavia facevano fatica ad emanciparsi. Pertanto bisogna fare qualcosa per cambiare, per restituire umanità e dignità alla propria gente, a quella Cinisi e a quella Sicilia che sembrava priva di opportunità e di emancipazione dal fenomeno mafioso.

I genitori di Peppino, in realtà possedevano qualcosa che non li allineava completamente a quella sottocultura mafiosa di cui facevano comunque parte: la madre, Felicia Bartolotta, si schiera dalla parte del figlio, fino a divenire quella grande donna e madre, di cui tutta Italia ancora oggi parla; il padre Luigi Impastato, pur organico a quella logica e a quel manipolo di fuori legge, che lo vedeva genuflesso alla corte di “don Tano”, tuttavia quest’uomo diceva sempre una cosa importante, al piccolo Peppino: “tu devi studiare!”, quasi un mantra che Peppino seguì come consiglio saggio …e che fece la differenza! E sì… perché l’arma micidiale contro l’arretratezza e la prepotenza mafiosa, rimane sempre la cultura!

Don Luigi l’aveva intuito… e forse una parte profonda di lui desiderava affrancarsi da quella realtà e lo fece attraverso i presupposti creati nei suoi figli: studiare!

Peppino e i suoi compagni presto si organizzarono politicamente, sullo sfondo di una società che stava cambiando, un complice Sessantotto che diede a quella generazione gli strumenti per una ribellione consapevole, nel senso delle conquiste democratiche più importanti, che unirono davvero l’Italia, dalle grandi città alle più recondite periferie:  tutto divenne un “centro di gravità permanente”, attorno ai temi del lavoro, i diritti all’istruzione per tutti, libertà di pensiero e di parola; erano gli anni del femminismo e della buona musica, che faceva sentire “tutti come uno solo”.. così recitava la splendida canzone “Imagine” di John Lennon.

Anche a Cinisi sorge il Circolo di “Musica e Cultura” e nel paesino convivono due realtà di riferimento culturale in antitesi: da un lato il capo di “Cosa nostra”, ma dall’altro si assisteva alla nascita di un vento nuovo, fresco, che sapeva di buono e che mirava al risveglio delle coscienze: il movimento del gruppo di Peppino Impastato, fatto da ragazze e ragazzi che mantenevano viva la speranza per un mondo migliore, a partire dalla piccola cittadina del palermitano. Intanto il fratello più piccolo di Peppino, Giovanni impastato era cresciuto e insieme alla sua ragazza Felicetta Vitale (oggi sua moglie), contribuirono all’affermazione del movimento, sino a rimanere oggi forte punto di riferimento per la diffusione del pensiero e delle opere del fratello, in tutta Italia e all’estero.

Nel giro di poco tempo, Peppino e i suoi compagni fondano e distribuiscono il giornale “L’idea Socialista”, che preoccupa non poco la sua famiglia e imbarazza altrettanto i suoi concittadini, poco propensi al cambiamento. Il giornale ciclostilato “L’Idea socialista” nacque nel 1965 ad opera di un gruppo di giovani vicini al Psiup. Su denuncia del sindaco di Cinisi, Domenico Pellerito, cognato di Gaetano Badalamenti, i redattori vengono condannati a una ammenda. Il giornale sospese le pubblicazioni per un anno e le riprese nel 1966.

Il gruppo politico di cui Giuseppe Impastato era parte attiva, si occupò delle importanti lotte sociali, al fianco dei contadini, che si videro espropriati per pochi soldi, delle loro terre, fonte di sostentamento, a vantaggio della costruzione della terza pista dell’aeroporto di Punta Raisi, voluto fortemente dal Badalamenti, per il maggior controllo del traffico di stupefacenti, attività primaria per i fondi di Cosa Nostra, in quei tempi.

Peppino ed i suoi erano inarrestabili e determinati, nell’impegno politico verso il cambiamento socio-culturale del povero Sud e sul finire degli anni Settanta, in piena esplosione delle radio libere, si presenta l’occasione per acquistare a pochi soldi un ripetitore: fu così che viene fondata “Radio Aut”, nel limitrofo comune di Terrasini: è con Radio Aut che vengono superati i limiti territoriali del messaggio pacifista e antimafia di Peppino e dei suoi compagni.

A Don Tano, sarcasticamente chiamato in trasmissione “Tano seduto”, al quale pubblicamente venivano attribuite tutte le responsabilità, legate alle attività politico-mafiose, che governavano Cinisi e la Sicilia, tutto ciò non piacque. La mafia esprimeva i sindaci del “Maficipio di Mafiopoli”, come Peppino attraverso la radio, definiva Cinisi (Mafiopoli) e il suo Municipio (Maficipio).

L’imbarazzo del padre era grande, la preoccupazione della madre, per l’incolumità del figlio pure. Di pari passo, cresceva l’indisposizione del boss Tano. Furono gli anni del grande conflitto familiare, quando Don Luigi decreta la fuoriuscita del figlio da casa, pur amandolo profondamente nel suo intimo. Mamma Felicia non l’abbandonò mai, rimase sempre a suo fianco, dimostrando, senza più timore, di stare dalla sua parte!

Siamo vicini al tragico epilogo: correva l’anno 1978, il 16 marzo viene rapito Moro, in via Fani, lasciando sul selciato le vite degli agenti della sua scorta. Oggi noi sappiamo, grazie ai lavori della Commissione Parlamentare sul “Caso Moro”, che poco tempo prima, era stato avvistato Gaetano Badalamenti al Bar Olivetti, proprio in via Fani (locale risultante chiuso per fallimento, invece utilizzato per riunioni segrete con l’intelligence italiana e straniera).

La faccenda getta luce sulla narrazione che vede il Badalamenti come mandante del delitto Impastato: forse i veri mandanti furono “altri”: coloro che volevano fermare il processo di emancipazione dell’Italia, che voleva prendere in mano il proprio destino, libera dalle mafie al Sud e libera di scegliersi il governo del proprio Paese (il compromesso storico di Moro, tra DC e PCI). Penso che tutto ciò non fosse esattamente previsto, dal programma geopolitico che includeva l’Italia, come centro del Mediterraneo, sotto l’influenza statunitense, dal secondo dopoguerra in poi.

Il 9 maggio 1978 rivela oggi che i due più importanti delitti italiani degli anni Settanta, Moro/Impastato, abbiano in comune più di quello che ognuno di noi possa immaginare.

Per cui ecco costruito il teorema: Moro ucciso dal terrorismo eversivo di sinistra, che non vedeva di buon occhio la collaborazione governativa DC-PCI e il “giovane terrorista del Sud”, certo Impastato, che si fa saltare in aria, sui binari della ferrovia, mentre prepara un attentato. Il “teorema” è servito: tutti ci credono, primi tra tutti le forze dell’ordine, ma l’opinione pubblica è spaccata… e men che meno ci credono la famiglia e i compagni di Peppino, i quali, con la determinazione di chi cerca e pretende la verità, riescono a dimostrare che la morte di Peppino Impastato non fu un incidente nel tentativo di ordire un attentato, né tantomeno un suicidio, come si tentò anche di far passare.

La Commissione Parlamentare Antimafia, che indagò sull’omicidio del giovane attivista, riuscì a dimostrare che Gaetano Badalamenti ne fu il mandante. Riuscì a ricostruire che l’omicidio avvenne in un casolare abbandonato, nelle campagne di Cinisi, per mezzo di una pietra insanguinata trovata in loco e che il cadavere fu trasportato sui binari e qui legato e fatto esplodere, lasciando di Peppino solo piccoli resti.

Forse è giunto il tempo perché qualcuno faccia convergere le due inchieste parlamentari… molte cose attendono ancora di essere chiarite…

Peppino, quell’anno candidato al Consiglio Comunale di Cinisi, con il partito di Democrazia Proletaria, fu eletto post mortem. Come ultimo sberleffo alla mafia, i cittadini di Cinisi trovarono il coraggio, nel segreto dell’urna, di esprimere il proprio effettivo pensiero, in fatto di mafia e antimafia. Adesso speriamo che le nuove generazioni cinisensi trovino il coraggio di esprimere il proprio NO ALLA MAFIA, alla luce del sole, proprio come i loro coetanei, che ogni anno, il 9 maggio si radunano tra Cinisi e Terrasini, per la tradizionale marcia contro la mafia e ogni forma di violenza, guerra compresa, al grido di: “Con le idee e il coraggio di  Peppino noi continuiamo!”

A cura del Centro Impastato” e di “Casa Memoria”, portati avanti con zelo e dovere storico, dal fratello Giovanni Impastato e dalla nipote Luisa Impastato, insieme all’Associazione “Peppino Impastato” ed al Centro di documentazione Impastato, di Umberto Santino, ecco il link con il programma per la giornata del 9 maggio 2022:

https://www.casamemoria.it/4-maggio-presentazione-del-progetto-di-riqualificazione-del-casolare-dove-e-avvenuto-lassassinio-mafioso-di-peppino-impastato/?fbclid=IwAR3uooIZZgWftYDKlRZHQfO88t7gvzT2x7UawIUioh8DiQz2aUYwy0onVfY