Mentre nuove guerre sanguinose, disuguaglianze globali e l’aumento delle spese militari oscurano l’orizzonte, l’Azione Cattolica italiana torna a rivolgersi all’opinione pubblica italiana con una proposta davvero controcorrente: istituire un Ministero della Pace come una sfida radicale ma necessaria. Si uniscono all’iniziativa altre sigle dell’associazionismo cristiano e del pacifismo.
A presentare il progetto sono stati voci autorevoli del mondo accademico, religioso e del terzo settore, in un evento svoltosi presso “l’Auditorium Bachelet” nella Domus Mariae: un pomeriggio di riflessione e discussioni per rimettere al centro del dibattito politico e culturale la pace come scelta concreta, strutturale, istituzionale. L’obiettivo è chiaro: approfondire le ragioni e le possibilità di un’azione condivisa per una politica della pace. Ma non si tratta solo di un appello generico alla buona volontà: si parla di ripensare l’architettura stessa della pace, passando dal pacifismo retorico a un impegno concreto, capace di generare dialogo costruttivo e strutture durature di cooperazione e disarmo. Padre Francesco Occhetta, gesuita, segretario generale della Fondazione vaticana Fratelli Tutti, è intervenuto con un ragionamento coerente, che mette in luce le stridenti contraddizioni di quanti (in particolare i governi europei e la Nato) ritengono che servono armi per impedire le guerre. “La pace è un processo, non un’utopia”, ha spiegato.
Tra i primi interventi, quello toccante di Padre Francesco Occhetta, che ha ricordato la frase di Paul Valery, “la guerra è un posto dove giovani che non si conoscono si uccidono a seguito di decisioni di adulti che si odiano, si conoscono e non si uccidono”. Un verso amaro, pronunciato per mostrare quanto la guerra sia spesso il prodotto di cinismi al vertice, e quanto invece la pace debba diventare un impegno condiviso. Citando Benedetto XV – che definì la Prima guerra mondiale una “inutile strage” – e Pio XII – per il quale “nulla è perduto con la pace, tutto può esserlo con la guerra” – Occhetta ha sottolineato come la vera pace si costruisca attraverso il disarmo: “Non è sufficiente ridurre le armi, dobbiamo disarmare gli spiriti, il linguaggio, la cultura della paura”.
La proposta del Ministero della Pace, ha spiegato, non è un sogno ingenuo, né un gesto simbolico, ma un atto di responsabilità politica e morale: “Quando la cultura della pace viene meno, la guerra diventa l’unica possibilità. La gente non vuole la guerra, la guerra è voluta dai vertici”. Nel corso dell’evento hanno fatto il loro intervento anche i tre presidenti delle Associazioni organizzatrici del progetto: Matteo Fadda (APG23), Giuseppe Notarstefano (ACI) ed Emiliano Manfredonia (ACLI) che hanno richiamato alla necessità di agire per la pace prima che “la guerra diventi una voragine irreparabile” e la necessità di “assumere il principio secondo cui è la guerra che interrompe la pace e non il contrario, la guerra non è necessaria per seguire la pace”. L’istituzione di un Ministero della Pace, così come delineato in questa presentazione, non è un gesto simbolico, ma un cambio di paradigma. È la proposta di un nuovo umanesimo istituzionale, che metta al centro la dignità umana, la responsabilità politica, la forza della nonviolenza. In un mondo che sembra rassegnarsi alla logica del conflitto come unica via di soluzione, questa iniziativa invita invece a ripensare il futuro con coraggio e visione, in nome di una politica che non si pieghi al cinismo del potere, ma che ritrovi il suo compito originario: costruire una convivenza giusta e pacifica tra gli uomini. La pace, come diceva Don Oreste Benzi, “non si desidera soltanto: si costruisce, si organizza. Se molti sognano insieme il sogno diventa realtà”. (AGI)
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