Vesuvio, l’eruzione del 1906


 

E’ la mattina del 4 aprile 1906, ore 5.30 circa, da una bocca a quota 1.200 m sul versante meridionale del Vesuvio inizia a fuoriuscire una piccola colata di lava. Giuseppe Mercalli è sulla cima del vulcano e osserva preoccupato fratture radiali interessate da fumarole che si sono generate poco sopra la bocca. L’attività stromboliana del Vesuvio era sensibilmente aumentata a partire da metà marzo e le scosse di terremoto erano sempre più frequenti ed intense. Lo scienziato sospetta che tutti questi segni siano premonitori di un’eruzione esplosiva ormai imminente. E il suo sospetto si rivela fondato.
E’ questo l’inizio della maggiore eruzione del Vesuvio nel 20° secolo.
Nei due giorni seguenti si attivarono altre bocche laterali a quota 800 m, sullo stesso versante meridionale, a quota 600 m, poco più ad est, a quota 800 m sul versante sud-est ed infine nell’Atrio del Cavallo. Contemporaneamente l’attività esplosiva al cratere sommitale si fece sempre più intensa per raggiungere il suo apice nella notte tra il 7 e 8 aprile. Due forti scosse, avvertite in quella notte con spavento in tutti i paesi vesuviani, segnarono il collasso della parte sommitale del Gran Cono mentre la lava scorreva veloce a sud-est devastando l’abitato di Boscotrecase. La nube eruttiva, ormai imponente, iniziava a depositare cenere e lapilli nei paesi vesuviani ad est del vulcano tra cui Ottaviano e S.Giuseppe Vesuviano.
Il giorno 8 l’attività esplosiva continuò violenta: la caduta di cenere, oltre ad interessare sensibilmente Napoli, raggiunse anche la Puglia (~1 cm).
Dal pomeriggio del 9 aprile si arrestarono le colate principali e l’attività sismica scomparse quasi del tutto mentre la nube eruttiva continuava a depositare cenere nell’area vesuviana.
Nella notte del 10 si ebbe l’ultima colata significativa dalle bocche di Bosco Cognoli che si arrestò poco prima di Boscotrecase. Nei giorni successivi l’attività andò diminuendo sempre più (ad eccezione di sporadici episodi esplosivi più intensi nei giorni 13 e 15) fino a cessare del tutto il 21 aprile, data in cui ebbe termine l’eruzione.
L’accumulo di cenere e lapilli causò crolli e distruzioni nei paesi vesuviani. Secondo quanto comunicato dalla Prefettura di Napoli al console di Francia, a Ottaviano e S. Giuseppe vi furono 197 morti e 71 feriti. In totale si contarono 216 morti e 112 feriti gravi (Nazzaro, 1997). Nella sola Napoli il crollo della tettoia del mercato di Monteoliveto, situato nell’attuale Piazza Carità, causò 11 morti e 30 feriti. Oltre 34.000 furono i profughi.

 

Nel corso dell’eruzione del 1906 il direttore del Reale Osservatorio Vesuviano era Raffaele Vittorio Matteucci, in carica dal 1903 fino alla sua morte nel 1909. Il Direttore mantenne costantemente aggiornate le autorità e la popolazione sull’andamento dell’eruzione utilizzando il telegrafo della vicina caserma dei Carabinieri. In forte contrasto con alcuni organi di stampa dell’epoca per l’eccessivo allarmismo, non abbandonò mai l’Osservatorio anche durante le fasi più drammatiche dell’eruzione. Per il suo impegno scientifico e sociale il Re Vittorio Emanuele III nominò Matteucci Commendatore dell’Ordine di S.Maurizio e S.Lazzaro e del Merito Civile di Bulgaria, ebbe inoltre una Medaglia d’oro e una Targa commemorativa.