Valentina Crepax (quella vera) si riprende la sua identità


AGI –  “Mi chiamo Valentina Crepax. Sono nata a Milano il 17 giugno sotto lo stesso tetto di via Settala dove mio zio Giulio studiava per l’esame di maturità”. E poi avanti con una “piccola tiritera anagrafica” soltanto perché questo “promemoria mi aiuta a confermare la mia esistenza” perchè “dopo i primi 13 anni di vita da monovalentina è nato il mio doppio. Né clone né sosia, ma una ladra di identità. Un’altra Valentina che, come il mondo ignora (o finge di ignorare per farmi dispetto), di cognome farebbe Rosselli. Ma è di Crepax e quel ‘dì è scivolato via subito senza che nessuno ci facesse caso. Così nella mia famiglia, da allora ci sono due Valentine Crepax”.

Nel libro della giornalista, figlia del discografico Franco Crepax, scomparso a 92 anni a marzo, e nipote del fumettista Guido (scomparso nel 2003), creatore dell’iconica donna col caschetto bruno alla Louise Brooks modellata sulla figura della moglie Luisa Mandelli, ‘Io e l’asino mio – Storie dei Crepax raccontate da Valentina Crepax’, pubblicato da pochi giorni postumo da Bompiani nella collana Amletica leggera diretta da Stefano Bartezzaghi (308 pagine, prezzo 18,00 euro), la Valentina ‘reale’ vuole affermare la propria identità.

E lo fa con una serie di racconti, di aneddoti divertenti, curiosi, personali, romantici o familiari in cui racconta a volte in parallelo la vicenda sua personale e quella della famiglia dello zio Guido. Quella dei Crepax (perchè il padre Franco ha pagato 500mila lire per sanare un errore commesso dall’anagrafe veneta) e quella dei Crepas dello zio Guido (che “per tirchieria”, scrive Valentina, non ha pagato le 500mila lire, ma che ha comunque continuato a firmare le sue tavole col suo cognome originale).

Un libro, quello scritto da Valentina Crepax piacevole e interessante, in cui si parla delle vicende familiari, del padre Franco (Franchestìn), che per la nonna era “poveraccio perché non ha alimentato la sua dote naturale assecondando la sua fragilità d’artista” (in realtà negli anni Sessanta, come direttore generale prima alla Dischi Ricordi e poi alla Cgd, ha contribuito a lanciare i primi cantautori come Gino Paoli, Giorgio Gaber, Umberto Bindi, Enzo Jannacci, Sergio Endrigo e Luigi Tenco ma anche interpreti della canzone italiana come Ornella Vanoni, Gigliola Cinquetti, Caterina Caselli e Marcella Bella), dello zio Guido, che per la nonna era “poveretto ma fortunato perchè aveva una dote naturale che gli permetteva di gestire il proprio estro”.

Si parla molto di vita privata, del suo status di ragazza madre (il padre della figlia Alice è il regista Marco Tullio Giordana), del suo matrimonio fortunato col giornalista Gigi Zazzeri, scomparso un anno fa, dei suoi fratelli e dei suoi cugini, i Crepas. E, ovviamente, si parla molto anche dell’alter ego cartaceo col quale Valentina Crepax ha dovuto convivere per tutta la vita. Un’omonima (ma solo nel nome, visto che quello del personaggio dei fumetti di cognome da Rosselli) che l’ha accompagnata per tutta la vita e con la quale ha dovuto, suo malgrado, rivaleggiare.

“Una volta scoperto il mio nome, i miei interlocutori viaggiano rapidi sul mio corpo e non trovando stivali di cuoio nero, calze a rete, chiappe in vista, si sentono defraudati di qualcosa”, scrive. E poi, ancora, cita (forse mettendoci un po’ di fantasia) una risposta “con tono sconcertato” a una domanda un po’ perversa rivoltale da un ammiratore della Valentina dello zio Guido: “No, non ho mai avuto un rapporto sessuale con un televisore Brionvega nè ho mai visitato la città di Ko’myatan”.

In definitiva, come scrive l’autrice, “tutte le famiglie felici si somigliano, ma questa no, non somiglia a nessun’altra. Nella felicità i Crepax sono inclini al riso, vivissimi, brillanti, inarrestabili – aggiunge – adulti, bambini, cani, tartarughe, case e mezzi di trasporto, avi e fidanzati: l’appartenenza o la prossimità al casato porta un taglio di luce obliqua su ogni cosa e persona e tutto così diventa sketch, teatro, epopea.

Che si tratti di rivoltare un cappotto vecchio, affrontare una crisi famigliare, produrre musica o fumetti (e che musica, e che fumetti), tutti loro mostrano i tratti di una creatività istintiva che li rende, generazione dopo generazione, perfetti personaggi da romanzo. Eppure quelle che ci racconta la Valentina di carne (e non quella di carta, disegnata da uno zio geniale) sono storie di vita reale e quotidiana, a volte travagliate e dolorose, sempre attraversate dalla forza dirompente dell’ironia. Sullo sfondo, bellissima e riservata, la Milano degli anni Cinquanta, dove c’era da rifare tutto – la musica leggera, i giornali, l’arredamento, il modo di stare al mondo”.

Valentina Crepax, quella vera, la giornalista e scrittrice non ha fatto in tempo a vedere stampato il suo ultimo libro. Malata da tempo, se n’è andata lo scorso 30 luglio a soli 68 anni a Milano.

Autrice di molti libri di successo – tra cui ‘Gli uomini: istruzioni per l’uso’ (Mondadori, 1986) e ‘Tipi metropolitanì (Mondadori, 1988), entrambi illustrati con le tavole tavole in bianco nero a piena pagina di Guido Crepax – lascia questa sua autobiografia per Bompiani, ‘Io e l’asino mio. Storie di Crepax raccontate da Valentina’, che chiude per sempre un conflitto-amore tra le due Valentine e riporta l’umorismo naturale di una famiglia che ha speso con amore e senza mai risparmiarsi il suo talento nella Milano di quegli anni dove, come scrive Natalia Aspesi nella lettera all’autrice che chiude il libro, “ogni giorno era il futuro e si era molto ottimisti sognando falce e martello perchè il telefono aveva ancora il filo e non c’era la tomba di Facebook e tutto il resto”.  

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Fonte: cultura agi