Tecnologia e test a tappeto. Come la Corea del Sud ha superato il picco


Tecnologia, test a tappeto e le lezioni apprese dal recente passato sono le armi utilizzate dalla Corea del Sud per contenere il coronavirus e allontanarsi dal picco di contagi raggiunto il 29 febbraio scorso, quando ne registrò 909.

La Corea del Sud è stato tra i primi Paesi a registrare casi accertati di persone contagiate, dopo la Cina, ma è riuscita a contenere l’epidemia fino al mese scorso quando la diffusione del contagio a Daegu, tra i seguaci della setta religiosa Shincheonji, fece impennare i dati nazionali.

La situazione appare in miglioramento: i 110 nuovi casi registrati ieri sono il migliore risultato da oltre due settimane.

Anche durante il picco di contagi di fine febbraio, la Corea del Sud non ha attuato le misure restrittive adottate dalla Cina, che ha imposto un cordone sanitario attorno a Wuhan, all’interno del quale sono bloccate 56 milioni di persone.

Seul sta affrontando il coronavirus facendo tesoro della lezione appresa dall’epidemia di Mers (la Sindrome Respiratoria del Medio Oriente) del 2015, quando morirono 36 persone nel Paese, mettendo in atto un massiccio programma di test, con il più alto numero di tamponi pro-capite a livello mondiale.

Circa ventimila persone al giorno vengono testate e il controllo a ritmo continuo è l’arma che può contenere il contagio e probabilmente anche salvare vite umane: il tasso di mortalità è dello 0,7%, contro il 3,4% a livello globale, secondo le stime dell’Oms.

La gestione dell’epidemia passa anche attraverso l’uso di dati elettronici, che aiutano gli ospedali a gestire al meglio le emergenze: chi è risultato positivo la test viene messo in auto-quarantena e monitorato attraverso le app, fino a quando non si rende disponibile un posto letto in un ospedale.

La app che monitora i contagiati

L’apporto della tecnologia è apparso evidente a fine febbraio, quando si è registrato un boom di download di una app, Corona 100m, che lancia un alert agli utenti che si trovano in un raggio di cento metri da luoghi visitati da persone che hanno contratto il virus: negli ultimi giorni del mese scorso si registravano ventimila installazioni all’ora, ha dichiarato alla Cnn uno degli sviluppatori, Bae Won-seok.

Il sistema sudcoreano non è privo di pecche: a fronte di 209 mila persone negative al test, altre 18 mila sono in attesa di conoscere i risultati, in un momento in cui il Paese asiatico soffre di una carenza di mascherine protettive. Nelle parole dei funzionari di Seul traspare un certo orgoglio per la risposta data all’epidemia, ma la paura non è ancora passata: il cluster di contagi a Seul ha destato nuovi allarmi, proprio mentre si stava facendo strada l’idea che il peggio potesse essere ormai alle spalle.

Il sindaco della capitale, Park Won-soon, ha promesso una risposta decisa al risorgere dell’epidemia, e l’aumento dei contagi è già in rallentamento, ma l’emergenza non è terminata. “Ci sembra di avere estinto un grosso incendio, ma non possiamo abbassare la guardia”, ha dichiarato Park.

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Fonte: estero agi