AGI – L’annuncio Usa che Hong Kong “non è più autonoma dalla Cina” ha una prima, immediata implicazione: la fine dello lo status speciale di cui gode l’ex colonia britannica e che le consente di intrattenere rapporti commerciali privilegiati con gli Usa rispetto al resto della Cina. In pratica, le tecnologie Usa sensibili e dunque protette, non potranno più essere importate a Hong Kong e le esportazioni della città potrebbero essere colpite con le stesse tariffe applicate al commercio cinese.
Ma rappresenta un colpo ancoro più duro per Hong Kong, che è il più importante centro finanziario asiatico, nonché la porta di accesso della finanza globale in Cina, sarebbe appunto la perdita di questo ruolo fondamentale. Il Senato Usa potrebbe infatti varare delle sanzioni contro le banche che effettuano transazioni significative con “persone o entita’ che contribuiscono materialmente alla violazione degli obblighi della Cina”.
Attività delle banche cinesi detenute a Hong Kong
Si tratta di un business enorme, visto che,come rivela il Wall Street Journal, a partire dal 2019, le banche della Cina continentale detenevano 8.816 miliardi di dollari di Hong Kong (1.137 miliardi di dollari) in attività nella città semiautonoma, un importo che è aumentato del 373% nell’ultimo decennio.
Questo è solo un frammento rispetto ai 40.000 miliardi di dollari che è il valore totale delle attività bancarie cinesi, ma è una bella fetta dei 2.215 miliardi di dollari che è il volume dei prestiti delle banche cinesi al di fuori della Cina. Insomma, è la dimostrazione che le banche cinesi svolgono gran parte delle loro attività internazionali, principalmente condotte in dollari statunitensi, a partire da Hong Kong, la quale insieme a Shanghai, è il cuore, nonché un pezzo insostituibile, del meccanismo attraverso cui si forma il sistema dei capitali cinesi.
La borsa di Hong Kong e la sua importanza per Pechino
La Borsa di Hong Kong è la terza maggiore borsa valori in Asia e la quinta maggiore al mondo con una capitalizzazione di mercato di 44.600 miliardi di dollari nel marzo 2018. Si tratta di un listino che contratta in dollari di Hong Kong poiché le aziende quotate hanno sede prevalentemente ad Hong Kong.
Sono 1.955 le società quotate sulla Borsa di Hong Kong e una parte consistente della capitalizzazione di mercato della Borsa di Hong Kong proviene dai suoi 20 maggiori titoli, tra cui AIA, Tencent Holdings e HSBC Holdings. Molte società cinesi sono quotate a Hong Kong, che rappresenta la vetrina finanziaria della Cina all’estero.
Tuttavia molte aziende cinesi hanno bypassato Hong Kong per quotarsi direttamente a Wall Street. Le società cinesi con una quotazione primaria negli Stati Uniti hanno una capitalizzazione di mercato aggregata di circa mille miliardi di dollari, pari al 3,3% del mercato statunitensi, secondo Goldman Sachs. Più della metà proviene da una sola società: Alibaba.
Il Senato Usa sta per varare una legge sanzionatoria nei confronti di Pechino che prevede il delisting delle aziende cinesi quotate a Wall Street. Se questa legge dovesse essere approvata, Hong Kong dovrebbe essere un candidato ovvio per queste aziende, tra cui c’e’ appunto Alibaba che l’anno scorso da sola a New York ha raccolto ben 13 miliardi di dollari in una quotazione secondaria. Alibaba ha presentato domanda per quotarsi a Hong Kong.
Il suo rivale JD.com, quotato al Nasdaq, ha presentato una domanda riservata per fare lo stesso. Tuttavia la legge sulla sicurezza nazionale che Pechino sta per imporre a Hong Kong lancia una nuvola sul futuro di questa borsa.
Lo stato di diritto di Hong Kong e le forti protezioni per la liberta’ di parola e di stampa, insieme al suo conto di capitale aperto, sono stati a lungo i suoi vantaggi rispetto agli scambi sulla Cina continentale. Ma il giorno dopo l’annuncio dei piani per la nuova legge Usa, l’indice Hang Seng è sceso di quasi il 6%.
In realtà, a parità di condizioni, senza piu’ i vantaggi della regione autonoma, i listini cinesi di Shanghai e Shenzhen potrebbero essere un’attrazione ancora più grande per le società cinesi quotate in borsa negli Stati Uniti.
Dopo che Semiconductor Manufacturing International Corp., quotata in borsa a Hong Kong, il principale produttore cinese di chip, ha dichiarato che potrebbe cercare di raccogliere miliardi di dollari sul nuovo pannello azionario tecnologico della Borsa di Shanghai, le sue azioni sono aumentate dell’11% in un giorno. Insomma, il rischio è che Hong Kong senza piu’ il suo statuto speciale perda attrattiva a vantaggio dei listini cinesi.
Il commercio internazionale in yuan
Un altro dato fondamentale per capire il ruolo di hub finanziario, terziario e commerciale di Hong Kong è che oltre il 70% del commercio internazionale in yuan si svolge proprio lì. Questo che significa? Che eventuali sanzioni Usa su Hong Kong, pur non influendo direttamente sul suo status di centro finanziario, sarebbero un durissimo colpo non solo per l’ex colonia britannica ma per Pechino stessa che si vedrebbe sfumare il sogno cinese di trasformare lo yuan in una valuta a livello internazionale, visto che il grosso delle attività internazionali in yuan è concentrato proprio su Hong Kong.
Perché la Cina ha bisogno di Hong Kong così com’è
Mentre la Cina ha ancora ampi controlli sui capitali e interviene spesso nei suoi mercati finanziari e nel sistema bancario, Hong Kong è una delle economie piu’ aperte al mondo e uno dei maggiori mercati per il finanziamento dei capitali e del debito.
Le dimensioni dell’economia di Hong Kong sono equivalenti solo al 2,7% di quelle della Cina continentale, in calo dal 18,4% del 1997, ma il territorio della regione autonoma supera di gran lunga il suo peso effettivo a causa dei valore che i suoi sistemi finanziari e legali rappresentano a livello mondiale.
Hong Kong fa da crocevia per le due più importanti iniziative di sviluppo della Cina – una internazionale e una interna: la Belt & Road Initiative e la Guangdong-Hong Kong-Macao Greater Bay Area (nove principali città, 69 milioni di abitanti, Pil da circa 1.500 miliardi di dollari).
Tra l’altro la nuova leadership della Regione Amministrativa Speciale (guidata dalla governatrice Carrie Lam) ha lanciato ben 240 iniziative per esaltare il ruolo di HK nella Greater Bay Area e della Belt & Road. E tutto ciò è possibile grazie al suo esclusivo sistema di governance.
Nell’ambito della formula “un paese, due sistemi” concordata come parte della consegna del territorio della Gran Bretagna alla Cina, a Hong Kong sono garantite le libertà che non esistino sulla terraferma, come la libertà di espressione e un sistema giudiziario indipendente.
Queste libertà conferiscono a Hong Kong uno status speciale a livello internazionale, consentendole di negoziare accordi commerciali e di investimento indipendentemente da Pechino, come quello di non dover le tariffe che gli Stati Uniti impongono alle importazioni cinesi.
Questo vantaggio però ora rischia di perdersi e questo, per molti analisti, è qualcosa che Pechino non puo’ auspicare, perché è un fattore oggettivo che gli investitori stranieri hanno più fiducia nei sistemi legali e di governance di Hong Kong, rispetto a quelli del resto della Cina.
Vedi: Perché Hong Kong è un hub finanziario decisivo per la Cina
Fonte: economia agi