L’invenzione della “comunicazione inclusiva”


La commissaria ci ripensa e ritira il documento, che anticipava i tempi di metabolizzazione, da parte dei dipendenti dell’Unione, per rinunziare al linguaggio tradizionale (come “Buon Natale!” e Signora e Signore), a favore del politicamente corretto “linguaggio inclusivo”

di Anna La Mattina

È soltanto di pochi giorni fa la notizia secondo la quale la commissaria europea Helena Dalli (o meglio: commissar* europe*, come hanno fatto al Liceo Cavour di Torino, scrivendo “Ragazz*” e “Student*”, per non offendere nessun genere?) di dettare ai dipendenti dell’EU, le modalità di scambiarsi vicendevolmente gli auguri, in vista delle prossime festività natalizie, suggerendo loro le parole “opportune” per farlo, senza ledere le diverse sensibilità di genere e religiose.

Poiché l’Europa è la casa di tutti, non solo dei cristiani, secondo la Commissaria occorre “abolire” il tradizionale “Buon Natale!” perché potrebbe risultare irrispettoso verso coloro che cristiani non sono e, pertanto, sostituirlo con il più “inclusivo” e inoffensivo “Buone feste”.

E poiché in Europa coabitano persone che, secondo la teoria del “genere fluido”, avulso (secondo i sostenitori di tale pensiero) da condizionamenti culturali (cosa di cui, invece, ne sarebbe piena la teoria cosidetta “binaria” maschio-femmina), per le festività imminenti, sempre secondo la Commissaria, sarebbe più opportuno sostituire Mr. E Mrs. (signor e signora) con il meno invasivo“Ms.”

La cosa ha talmente irritato gli animi dei suoi dipendenti, che in men che non si dica, la “Ms. Commissaria” ha ritirato la sua direttiva, constatando che “i tempi non sono maturi”.

Siccome credo che la maggior parte dei cittadini del Continente Europeo siano dotati di una testa pensante, che si pone delle domande e cerca delle risposte, me compresa, a questo punto mi vien da sollevare alcuni dubbi:

  1. Il tentativo di introdurre, con una direttiva commissariale interna, qualcosa come le parole da usare ed il pensiero a cui queste parole dovranno condurre, prima o poi tutti i cittadini, non è forse un tentativo “totalitario” di imporre un pensiero ed un linguaggio governativo, limitando così il diritto di pensiero e di parola?
  2. Secondo quale criterio, all’interno di una determinata cultura, diffusa da sempre, anche presso il mondo laico, sarebbe discriminante augurarsi il “Buon Natale” e nei confronti di chi dovrebbe esserlo? Se, per esempio, una persona di fede islamica, che giustamente celebra il Ramadan, e tutti sanno che lo sta celebrando insieme ai suoi fratelli nella fede e nominano regolarmente tale evento con il nome “Ramadan”, al pari del nostro “Buon Natale”, ciò significherebbe che coloro che celebrano il Natale con la propria famiglia e la propria comunità, si dovrebbero sentire offesi e discriminati? (Domando per un amico!)

Allora, io credo che ci sia molto bisogno, di questi tempi, di cominciare ad usare il pensiero critico, pensando con la propria testa, ragionare sulle cose e passarle al vaglio del buon senso e del principio di ragionevolezza, di cui tutti siamo dotati. Ed uscire dalla timidezza che ci imbraca il pensiero, soltanto perché non siamo più capaci, di fronte ad un potere sempre più pervasivo e “forte”, di dire un semplice ma decisivo “non sono d’accordo!” Non è “politicamente corretto” il “non sono d’accordo?” E se sì… che significa questo?

Io creo che discriminazione e esclusione si determinino nel momento in cui non si desse la possibilità alle persone di qualunque fede religiosa di poter liberamente professare (come da Costituzione Italiana e dalla Dichiarazione universale dei Diritti dell’Uomo) la propria fede e compiere i propri riti religiosi, come e quando desiderano farlo, nel rispetto delle regole condivise. Questa sarebbe discriminazione!

Allo stesso modo per la cosiddetta questione “gender fluid”: esisterebbero le persone con genere fluido? Finché la comunità scientifica non lo dimostra, il condizionale è d’obbligo. Tuttavia esistono anche le persone di sesso maschile e femminile che, al pari degli altri, suppongo, non desiderano essere né discriminati, né esclusi.

Ragion per cui…ognuno si definisca come vuole, nella piena libertà: ma che lo si decida liberamente e civilmente.

Non venga di certo nessuna organizzazione governativa ad imporlo, perché questo affosserebbe irrimediabilmente i diritti umani e la memoria storica, vanificando la Dichiarazione dell’ONU, promulgata all’indomani del Secondo Conflitto mondiale, essendo molto pericoloso per la democrazia e per la libertà. Provvedimenti ideologici che, invece di tutelare le diverse identità, di fatto, le annientano, in favore di un lento ma progressivo processo di “omologazione”, che non fa ben sperare.

(Nella foto: La Commissaria europea alle Pari Opportunità, Helena Dalli)