L'approccio opposto di Pechino e Taipei sul contrasto alla nuova ondata di contagi


AGI – Due approcci divergenti, al punto da risultare diametralmente opposti. Cina e Taiwan evidenziano le loro diversità anche nella lotta al Covid-19, nel momento in cui entrambi registrano i numeri di contagi più alti degli ultimi due anni, da quando è scoppiato il focolaio di Wuhan.

Se Pechino non intende abbandonare la linea dura (“la perseveranza è vittoria”, ha dichiarato il presidente cinese, Xi Jinping, nelle scorse settimane), Taipei sceglie di convivere con il virus, per evitare di sottoporre a uno stress eccessivo il sistema sanitario nazionale.

Taiwan ha superato per la prima volta i diecimila contagi giornalieri giovedì scorso, e oggi ha sfondato anche la soglia dei 15 mila contagi, a quota 15.149, quasi tutti (15.033) di trasmissione interna, con tre decessi, secondo le cifre annunciate dal Central Epidemic Command Center. Aprile 2022 è stato il mese più duro sul piano della diffusione del Covid-19 dall’inizio della pandemia, per Taiwan, che il 1 aprile scorso registrava solo poco più di cento contagi.

Nei giorni scorsi, il ministro della Sanità, Chen Shih-chung, aveva avvertito del rischio che i nuovi contagi giornalieri possano arrivare, al picco, fino a quota centomila. Proprio l’aumento dei contagi da variante Omicron aveva convinto le autorità a passare dalla linea rigida di “contagi zero” a una forma di coesistenza con la pandemia, in aperto contrasto con la strategia adottata da Pechino e più volte ribadita, di recente, anche dallo stesso presidente cinese, Xi Jinping.

“Taiwan è adeguatamente preparata per la pandemia”, ha affermato nei giorni scorsi il premier, Su Tseng-chang. “La gestiremo gradualmente e non ci sarà un lockdown come a Shanghai”, i cui effetti sul piano economico, colpiscono anche le molte aziende taiwanesi, tra cui quelle operanti nel settore dei semiconduttori, che operano nell’hub finanziario cinese.

A farne le spese è stato anche il gigante del settore, Foxconn, che la settimana scorsa ha sospeso la produzione in due fabbriche a Kunshan, nella provincia orientale del Jiangsu, che confina con Shanghai, per la ripresa dei contagi. Per diversi esperti a Taiwan, la diffusione della variante Omicron – a più alta trasmissibilità, ma meno letale – creerebbe comunque una serie di focolai locali con decine di migliaia di casi, come accaduto anche a Hong Kong e a Singapore.

Dal momento che il 99% dei casi sono asintomatici, ha osservato il ministro della Sanità, “logorerebbe enormemente il personale medico e le risorse se ognuna di queste persone venisse mandata a in strutture ospedaliere o per la quarantena”.

Nella strategia di convivenza con il virus, Taiwan ha scelto, invece, di allentare le regole di quarantena, abbassando a tre giorni il periodo di isolamento e quattro giorni il periodo di monitoraggio, nel caso in cui i contatti del contagiato non risultino positivi.

Un approccio molto diverso da quello di Shanghai, dove il lockdown ha avuto risvolti anche drammatici, come testimoniato dai molti video circolanti sui social, a un ritmo troppo elevato anche per la solerte censura cinese, che in molti casi non è riuscita a prevenire che diventassero virali. L’aumento dei contagi nella metropoli è stato affrontato con rigidità dalle autorità sanitarie, e il lockdown ha comportato forti disagi per il reperimento di cibo o di generi di prima necessità per i residenti bloccati in casa, e con i gruppi di delivery incapaci di soddisfare le richieste dei 25 milioni di abitanti della metropoli.

Dopo un mese di chiusure e di paralisi della metropoli più cosmopolita della Cina, ieri, le autorità di Shanghai hanno aggiornato i dati delle misure di prevenzione e controllo della pandemia, annunciando che 12 milioni di persone possono adesso uscire di casa, mentre le misure più rigide si applicano ancora a quasi sei milioni di residenti (5,93 milioni in 22.910 aree).

All’orizzonte, il pericolo di restrizioni è ancora presente a Pechino, sull’aumento dei contagi dell’ultima settimana, in gran parte registrati nel distretto di Chaoyang. Pechino ha avviato tre round di test per circa venti milioni di abitanti in dodici distretti della capitale, e ieri le autorità hanno annunciato nuove chiusure a palestre, shopping mall, cinema e complessi residenziali per contenere la diffusione del virus, dopo i divieti imposti a inizio settimana.

Il periodo di vacanze del 1 maggio verrà trascorso in casa dai residenti della capitale, che dovranno sottoporsi, ogni due giorni, al tampone. La diffusione dei contagi ha spinto le autorità a costruire un ospedale temporaneo per accogliere i contagiati, ha confermato oggi il vice direttore della Commissione Municipale della Sanità di Pechino, Li Ang, “in modo che, in caso di reale necessità possa essere fornito un luogo per l’isolamento centralizzato”. Inoltre, si progettano luoghi di ricovero su larga scala i siti di grandi dimensioni.

La differenza di approccio al virus tra Cina e Taiwan riguarda anche le differenti politiche sul vaccino messe in atto da Pechino e Taipei. Taiwan ha contratti di forniture di vaccini con i grandi gruppi mondiali, che producono vaccini a tecnologia mRNA, e proprio nei giorni scorsi, il premier dell’isola ha annunciato un nuovo contratto per altre quattro milioni di dosi di vaccino prodotto da Pfizer-BioNTech.

Pechino, al contrario, ha inoculato vaccini prodotti dai propri gruppi, Sinovac e Sinopharm, a virus inattivato (a oggi sono oltre 3,3 miliardi le dosi somministrate). Molti analisti concordano nell’opinione secondo cui, per la Cina accettare l’importazione di vaccini a tecnologia mRNA significhi ammettere implicitamente che i vaccini prodotti dai propri gruppi farmaceutici non siano sufficientemente efficaci contro il virus e le sue varianti:i grandi gruppi farmaceutici cinesi tentano di recuperare terreno su questo versante, che potrebbe ridurre le possibilità di sintomi gravi e diminuire i numeri dei decessi nelle persone più anziane che contraggono il virus, e che potrebbe aiutare la Cina a uscire dalla linea di “contagi zero”.

Nonostante l’impegno dei gruppi farmaceutici nello sviluppo di un vaccino a tecnologia mRNA, i primi risultati dei test non sarebbero, però, incoraggianti, e secondo le stime di Bloomberg, difficilmente questo tipo di vaccino sarà immesso sul mercato prima della fine del 2022. Sinopharm, intanto, si sta concentrando sullo sviluppo di un vaccino a virus inattivato, specifico contro la variante Omicron. In questo contesto, nessun cambiamento alla rigida linea di contenimento del Covid-19 si intravede all’orizzonte: i dirigenti politici nazionali del Politburo del Partito Comunista Cinese, che comprende lo stesso Xi Jinping, riconoscono nella diffusione del contagio – e nella guerra in Ucraina – le sfide piu’ pressanti per la Cina, ma sottolineano che è necessario “proteggere la vita delle persone nella massima misura possibile e ridurre al minimo l’impatto dell’epidemia sullo sviluppo economico e sociale”.

Source: agi