La storia del vaiolo


Il vaiolo era una malattia contagiosa di origine virale, dichiarata eradicata nel 1980, grazie alla vaccinazione. È stata una delle malattie più devastanti conosciute dall’umanità e ha causato milioni di morti prima di essere eradicata. Si ritiene che fosse esistita da almeno 3000 anni.

L’ultimo caso di vaiolo acquisito naturalmente nel mondo è stato diagnosticato nel 1977 in Somalia. Fatta eccezione per un focolaio limitato in seguito a un incidente di laboratorio presso l’Università di Birmingham, Regno Unito, nel 1978, non sono stati registrati ulteriori casi. Riserve del virus sono mantenute ufficialmente solo in due laboratori in condizioni di stretta sicurezza: uno negli Stati Uniti e uno in Russia.

 

Il virus

Il virus del vaiolo (Variola) appartiene alla famiglia Orthopoxviridae. Della stessa famiglia fanno parte virus che sono in grado di infettare sia uomo che animali come il virus del vaiolo bovino (Cowpox virus), il virus del vaiolo della scimmia (monkeypox virus) e il virus vaccinico (Vaccinia virus).

 

Trasmissione

Prima dell’eradicazione, la trasmissione dell’infezione avveniva per contatto diretto o indiretto con il virus presente nelle lesioni cutanee, o attraverso la diffusione di goccioline respiratorie emesse con la tosse e gli starnuti. Inoltre, il virus è stabile in forma essiccata per mesi ed è stato trasmesso da fomiti come la biancheria da letto. La contagiosità iniziava con la comparsa delle prime lesioni cutanee e durava fino alla scomparsa di tutte le croste (circa tre settimane).

 

Caratteristiche cliniche della malattia

Il vaiolo si presentava generalmente con una caratteristica eruzione cutanea. Il periodo di incubazione della malattia durava da 7 a 19 giorni (media 10-14 giorni). Il periodo prodromico, della durata di 2-4 giorni, era caratterizzato dalla comparsa improvvisa di febbre elevata (40 °C), malessere, cefalea, stato di prostrazione, grave lombalgia, dolori addominali, e talvolta vomito, un quadro clinico che ricordava l’influenza. Dopo 2-4 giorni, la febbre diminuiva e si sviluppava un’eruzione cutanea molto caratteristica, consistente in lesioni individuali contenenti virus infettivo che progredivano attraverso stadi successivi di macule, papule, vescicole, pustole, quindi croste che cadevano dopo 3-4 settimane. Le lesioni apparivano prima sul viso e sulle estremità, compresi i palmi delle mani e le piante dei piedi, e successivamente sul tronco (distribuzione centrifuga). Erano ben circoscritte e allo stesso stadio di sviluppo in una determinata area. Molti sopravvissuti al vaiolo hanno cicatrici permanenti su vaste aree del corpo, in particolare sul viso.

 

Venivano identificati due forme cliniche di vaiolo: il “vaiolo minor” che aveva un tasso di letalità sotto l’1%, e il “vaiolo major” che aveva un tasso di letalità nelle persone non vaccinate del 20-50% (in media 30%).

 

Diagnosi

Il vaiolo veniva spessissimo confuso con la varicella. Tuttavia, il vaiolo era caratterizzato da sintomi prodromici netti e marcati; presenza di lesioni con un simile grado di evoluzione; lesioni profonde con coinvolgimento delle ghiandole sebacee, e presenza di cicatrici profonde una volta raggiunta la guarigione. Al contrario, le lesioni della varicella sono superficiali, non ben circoscritte, solitamente pruriginose, e non provocano cicatrici profonde come quelle del vaiolo. Inoltre, il rash è centripeto piuttosto che centrifugo. Una caratteristica dell’esantema è la comparsa delle lesioni a ondate successive, e in un dato momento sono presenti lesioni con differenti gradi di maturità. Infine, le lesioni della varicella si osservano raramente, se non mai, sui palmi delle mani e sulla pianta dei piedi, come invece avveniva spesso nel vaiolo.

 

Prima dell’eradicazione, per la conferma di laboratorio del vaiolo si ricorreva all’isolamento del virus da campioni biologici (ad esempio raschiamenti delle lesioni, liquido vescicolare o pustoloso, croste). La microscopia elettronica o la tecnica di immunodiffusione spesso consentivano una rapida diagnosi provvisoria. Oggi sono disponibili anche metodi molecolari.

 

In caso di sospetta infezione da vaiolo, è obbligatoria la comunicazione immediata da parte delle autorità nazionali all’Organizzazione Mondiale della sanità (OMS), ai sensi del Regolamento Sanitario Internazionale (IHR).

 

Gestione del paziente

A parte la vaccinazione, il controllo del vaiolo nell’era pre-eradicazione si basava sull’identificazione e l’isolamento dei casi e dei contatti e su terapie di supporto. Da allora sono stati sviluppati nuovi antivirali specifici contro gli orthopoxvirus, incluso il virus del vaiolo, la cui efficacia tuttavia non è stata mai testata in casi umani di malattia (data l’eradicazione).

 

Il vaccino

Il vaccino antivaioloso utilizzato per eradicare la malattia è composto da un virus simile a quello del vaiolo (ma meno dannoso), il virus Vaccinia di origine bovina. Storicamente, il vaccino si è dimostrato efficace nel prevenire l’infezione da vaiolo nel 95% delle persone vaccinate. Grazie al periodo di incubazione relativamente lungo per il vaiolo, la vaccinazione entro un periodo di quattro giorni dopo l’esposizione era efficace nel prevenire o attenuare la malattia clinica.

 

Il vaccino viene somministrato con un ago particolare, che inocula sotto la pelle diverse dosi di virus, causando una piccola escoriazione. Se la vaccinazione ha successo nel giro di 3 o 4 giorni si forma una piccola ferita rossa e irritata che diventerà una vescica, si riempirà di pus, e comincerà a seccarsi. Nella terza settimana dopo la vaccinazione, la crosticina si secca e cade, lasciando una cicatrice.

 

Il vaccino contiene il virus vivo che può essere trasmesso dal vaccinato ai suoi contatti stretti non vaccinati. Il rischio di effetti collaterali nei contatti stretti è lo stesso di quelli del vaccinato. Per evitare di trasmettere il virus, i vaccinati dovrebbero osservare una attenta igiene delle mani subito dopo aver toccato il sito di vaccinazione o le bende che vengono applicate sul sito fino a quando è caduta la crosticina.

 

La vaccinazione può causare reazioni avverse incluse eruzioni cutanee, febbre e mal di testa. In alcuni gruppi di persone, in particolare le persone immunocompromesse, le complicanze del virus vaccinale possono essere gravi e anche mortali (in 1/milione di persone vaccinate).

 

Data l’eradicazione, la vaccinazione di routine contro il vaiolo è stata sospesa nel corso degli anni ’70 e ’80 in tutti i Paesi occidentali. Negli Stati Uniti l’ultimo caso di vaiolo si è avuto nel 1949 e la vaccinazione è stata interrotta nel 1972. In Italia, la vaccinazione è stata sospesa nel 1977 e ufficialmente abrogata nel 1981.

 

Oggi sono disponibili nuovi vaccini (di terza generazione) più attenuati e non replicanti, approvati per usi specifici da diverse autorità regolatorie nazionali. La vaccinazione è raccomandata per il personale di laboratorio che lavora a contatto con il virus vaccinia o altri virus orthopox in strutture di riferimento o di ricerca specializzate.

 

La storia dell’eradicazione

Dal 1967, anno in cui l’OMS ha lanciato il programma per l’eradicazione globale del vaiolo, al 1977, anno dell’ultimo caso registrato in Somalia, un decennio che ha cambiato il modo di affrontare le emergenze epidemiologiche.

 

Fonte: epicentro.iss.it/