Il vino dell’Etna si affina in fondo al mare tra sirene e ciclopi


AGI – In fondo al mar… non ci sono solo gli amici della indimenticata Sirenetta. A inebriare i fondali per la prima volta nella storia dell’enologia catanese, ci sono i vini dell’Etna calati a una profondità di circa 50 metri sotto il livello del mare, nell’area marina protetta, Isola dei Ciclopi. Obiettivo: sperimentare l’affinamento sottomarino, insieme a un gin, il primo creato all’ombra della ‘Montagna’.

Questa volta la sperimentazione esaminerà l’evoluzione dei vini in affinamento durante, e non dopo, la loro permanenza sott’acqua, attraverso l’analisi di campioni prelevati da sommozzatori specializzati, operatori tecnici subacquei che scenderanno nelle profondità del mare, mese dopo mese.

La ricerca sperimentale prende il via dalla start-up  Orygini, fondata da tre giovani amici, Giuseppe Leone, Riccardo Peligra e Luca Catania, che hanno finanziato il progetto, ottenendo la fiducia e il supporto di due delle cantine più rappresentative: la cantina Benanti fondata da Giuseppe Benanti e oggi gestita dai figli Antonio e Salvino, e la cantina Passopisciaro, fondata dal produttore toscano, recentemente scomparso, Andrea Franchetti, e oggi guidata dal figlio Benjamin Franchetti.

Saranno affinate complessivamente duemila bottiglie di Etna Doc Rosso ed Etna doc Bianco. Con queste, anche l’affinamento di un distillato, il primo gin dell’Etna, Volcano Gin (200 bottiglie). E le bottiglie avranno la peculiarità di essere non riproducibili, ‘scolpite’ dal mare, da conchiglie e crostacei marini. Dalla natura che è proprio “quaggiù” dove, canterebbe ancora la Sirenetta, “tutti sono allegri”. E forse il merito stavolta è anche del vino.

Le bottiglie saranno immerse nella zona B dell’area marina protetta Isola dei Ciclopi a una profondità di circa 50 metri all’interno di gabbie metalliche, create ad hoc. I vini affineranno per circa sei mesi e l’analisi dei ‘campioni marini’ sarà effettuata parallelamente, sui medesimi parametri, rispetto all’analisi dei campioni soggetti al processo di cantinamento tradizionale, in terra ferma.

Si tratta del primo studio al mondo su come evolvono nel tempo i vini sott’acqua. La mappatura completa permetterà di capire in che maniera la pressione, il buio totale, l’assenza di suoni, la temperatura costante, l’assenza di rumore cambiano il vino. Mese dopo mese i campioni di vino prelevati dal fondo del mare verranno trasportati in condizioni di temperatura controllata verso i laboratori dell’Università per un’approfondita analisi dei dati chimici.

Saranno monitorati 14 diversi parametri tra vini rossi e bianchi. Per ognuno si analizzerà la variazione nel tempo dei vini immersi e delle bottiglie gemelle in affinamento tradizionale. In questo modo si otterrà uno studio scientifico, che metterà in evidenza gli effetti specifici delle profondità marine sul vino.  Oggi i vini vengono invecchiati sott’acqua in Francia, Italia, Grecia, Spagna, Stati Uniti, Cile, Sudafrica, Australia e diversi altri paesi. Il numero totale di cantine che affina con vini sott’acqua è estremamente esiguo.

Gli studi attuali sono per lo più basati sull’analisi chimica pre e post immersione. Non risultano, a oggi, pubblicazioni scientifiche divulgate sugli effetti dell’affinamento sottomarino nel suo divenire; elemento fondamentale quest’ultimo per sviluppare dei modelli affidabili, che possano essere utilizzati dai tecnici del settore vinicolo come linee guida per accompagnare vini e distillati al risultato desiderato, senza che sia affidato al caso.

Importante infine è l’impatto positivo sulla sostenibilità ambientale. Il cantinamento in mare favorisce il risparmio energetico perché crea un ambiente naturalmente refrigerato per le bottiglie. Non è, quindi, necessario regolare la temperatura e l’umidità con climatizzatori, né creare cantine isolate termicamente, con un notevole risparmio energetico e logistico.

Secondo uno studio di Life Cycle Engineering, nella fase di cantinamento per ogni bottiglia da 0,75cl vengono consumati circa 0,68 kg di CO2.
Grazie alle temperature ideali e costanti dei fondali a 50 metri sotto il livello del mare, si risparmierebbero quindi circa 68 Kg di CO2 per 1000 bottiglie immerse. Si ipotizza infine un’accelerazione dei tempi di maturazione e, se così fosse, il risvolto sarebbe di notevole impatto economico per il mercato dei vini etnei, vini di nicchia che hanno bisogno di molto tempo prima di essere immessi sul mercato mondiale.

“Con Oryrini riportiamo il vino dell’Etna alle sue origini – affermano i tre fondatori del marchio – il vulcano Etna è infatti un vulcano di origini marine. Si è formato nell’era Quaternaria, periodo preistorico in cui la Piana di Catania non esisteva ed era occupata da un largo golfo. Solo a seguito di grandi eruzioni marine, il golfo si è colmato fino a formare il basamento del vulcano, che eruzione dopo eruzione ha raggiunto una vetta di 3.290 metri. Il logo Orygini è un simbolo ancestrale, circolare, simboleggia l’evoluzione della circolarità della vita; la parte incava rappresenta il ventre della terra e lo stesso mare”.

La vita di ciascuna bottiglia sarà monitorata e registrata digitalmente con la tecnologia blockchain, che traccerà la sua carta di identità digitale. Il numero di serie racconterà ogni cosa, dalla data di vendemmia e di raccolta delle uve in poi. E tenterà di provare che il vino, sebbene in fondo al mar, non è acqua