Il Patto sui migranti non convince Lamorgese: "C'è molto da lavorare"


AGI – Non proprio bocciato ma sicuramente rimandato. Ad ottobre. Quando nel Consiglio dei ministri dell’Interno europei il Patto su asilo e migrazione presentato ieri da Ursula von der Leyen dovrà essere corretto. E non poco.

A pensarla così è la titolare del Viminale, Luciana Lamorgese, che davanti al Comitato Schengen non nasconde le sue perplessità. “Voglio leggere il Patto con spirito positivo”, come primo, atteso step di un percorso che però appare lontano dalla conclusione.

C’e’ molto da lavorare e da trattare”, ammette il ministro. Innanzitutto perché “dalla prima analisi dei documenti emergono elementi di discontinuità rispetto al passato ma non c’è quel netto superamento del Regolamento di Dublino che noi auspichiamo e che metteremo con forza al centro delle trattative”. E perchè è  tempo di lasciarsi alle spalle “un sistema che ruota intorno alla responsabilità esclusiva del Paese di primo ingresso”.
A convincere poco sono anche i meccanismi di  redistribuzione dei migranti e le procedure di rimpatrio europee: “ben vengano ma dubito della loro efficacia e rapidità: affidarle a Paesi diversi da quelli di sbarco comporta problemi di ordine pratico e giuridico”.

Incalzata dalle domande dei commissari, Lamorgese conferma che “i decreti sicurezza o immigrazione saranno esaminati in uno dei prossimi Consigli dei ministri” e ‘apre’ a eventuali “sanzioni di carattere penale” per le Ong “(“e’ una strada da intraprendere con la modifica dei decreti”, spiega).

Nel giorno in cui alla Alan Kurdi, in difficoltà per le cattive condizioni meteomarine, viene concesso di riparare nella rada di Arbatax, in Sardegna – Lamorgese ribadisce anche  che “ il rispetto della vita umana per tutti noi è il primo elemento“. “Per il momento – ricorda – non abbiamo dato il porto, perchè i porti sono chiusi in virtù di un provvedimento condiviso da più ministri ma se la situazione peggiora, se per diversi giorni la nave non potrà riprendere il mare, verrà fatta sbarcare”. Solo 25 dei migranti resteranno in Italia”: tutti gli altri saranno presi in carico da altri Paesi europei, l’impegno c’è già.
 L’audizione è pure l’occasione per dare un po’ di cifre sugli sbarchi. “Dall’inizio dell’anno al 23 settembre, dalla Libia sono arrivati 9.139 migranti, il 40% del totale:  l’intensificazione della guerra civile a Tripoli e Sirte ha determinato, secondo stime dell’Onu, un elevato numero di sfollati con inevitabili ripercussioni sul fenomeno migratorio”.

Consistenti i flussi dalla Tunisia: “nell’ultimo anno da quel Paese sono arrivati in 9.200, contro i poco più di 2.600 dell’anno precedente: in questo caso ha avuto un’incidenza importante la grave crisi economica e  finanziaria”. “Notevole incremento”, infine, per gli arrivi dall’Algeria, “1.052 dall’inizio dell’anno al 23 settembre a fronte dei 600 del periodo corrispondente dell’anno passato”.

La Sicilia resta il fronte più esposto, “ma dopo la quarantena dall’isola sono stati trasferiti in altre regioni 8.400 migranti” e tra stasera e domani “dovrebbe essere svuotato l’hotspot di Lampedusa”.

Quanto alla rotta balcanica, “dall’inizio dell’anno al 21 settembre al confine sloveno sono stati rintracciati 3.369 migranti irregolari. Erano stati 2.745 nello stesso periodo del 2019. Ma le riammissioni verso la Slovenia sono quadruplicate, 962 dall’1 gennaio al 21 settembre a fronte delle 250 del periodo corrispondente dell’anno scorso”. 

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Fonte: cronaca agi