Il flop dei 'volontari inesperti' di Jared Kushner


Negli Usa, per fronteggiare la scarsità di dispositivi sanitari e di protezione individuale da usare nella lotta al coronavirus, la Casa Bianca si è affidata a un gruppo di volontari inesperti, arruolati dal genero del presidente, Jared Kushner, che si sono rivelati più un ostacolo che una risorsa.

Lo denunciano ‘gole profonde’ dell’amministrazione americana, compreso un memo di una fonte anonima presentato alla commissione sorveglianza della Camera, e rilanciato da New York Times e Washington Post.

I giovani, provenienti da grandi firme del settore privato senza alcuna esperienza pregressa nel mondo delle emergenze, sono stati reclutati per rappresentare il nocciolo operativo della task force della catena di approvvigionamenti messa in piedi dal presidente Donald Trump per affrontare la mancanza di mascherine, guanti, ventilatori e altri macchinari indispensabili nell’emergenza Covid-19.

Senza conoscere le procedure governative o le attrezzature mediche – hanno riferito i quotidiani – si sono trovati a dover gestire processi complicati, in una macchina burocratica dai processi bizantini, dovendo dare la precedenza ad alleati e sostenitori del capo della Casa Bianca, e finendo per rendere più complicato raggiungere l’obiettivo preposto.

Note ed email ottenute dal New York Times, insieme a interviste a funzionari attuali e passati della Federal Emergency Management Agency (Fema), hanno fornito un quadro dettagliato di come il personale installato da Kushner abbia complicato la risposta del governo a una crisi letale.

Ai volontari è stato dato il compito di trovare nel mondo fonti di approvvigionamento, facendo centinaia di chiamate, setacciando un migliaio di contatti arrivati tramite il sito della Fema, esaminando proposte e dando infine indicazioni all’agenzia federale che avrebbe poi proceduto con i contratti.

A loro sono stati indirizzati medici con contatti per recuperare materiale sanitario e imprenditori interessati a proporre contratti di forniture; tra questi, è stata data priorità – come ordinato dall’alto – a coloro legati in qualche modo a Trump (dall’alleato politico fino addirittura a un ex concorrente del reality ‘The Apprentice’) o che semplicemente hanno potuto spendere il suo nome. In almeno un caso, un loro suggerimento è stato un fiasco: un contratto da 69 milioni di dollari per oltre mille ventilatori si è risolto in un nulla di fatto e la città di New York sta tentando di recuperare i soldi.

Alcuni hanno commentato positivamente l’impegno dei volontari, sostenendo che hanno alleggerito la macchina federale di molte ore di lavoro nel cercare fonti di approvvigionamento.

Ma molti altri hanno sostenuto che Kushner sia stato chiamato a ovviare a un problema creato dal presidente stesso e dalla sua risposta tardiva all’emergenza coronavirus, con il coinvolgimento della Fema quando ormai le scorte nazionali di macchinari e dispositivi erano già a un livello basso, costringendo quindi l’agenzia federale a dover far ricorso a qualsiasi occasione per recuperarne sul mercato mondiale.

Nel corso delle ultime settimane, le forniture di dispositivi di protezione per il personale sanitario impegnato nella lotta al coronavirus (i casi negli Usa hanno superato 1,2 milioni) sono aumentate ma restano poche, continuano a denunciare i diretti interessati, insistendo perché Trump faccia uso del Defense Production Act e criticando la dipendenza dal settore privato.

“Coinvolgere volontari inesperti è ridicolo quando ci sono professionisti esperti di logistica nel governo che avrebbero potuto aiutare con appalti e distribuzione e procurarci le forniture di cui abbiamo bisogno”, ha affermato Valerie Griffeth, dottoressa del pronto soccorso in Oregon e fondatrice dell’associazione di volontari ‘Get Usa Ppe’.

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Fonte: estero agi