Fake News. Una pandemia pericolosa


di Ettore Minniti

Che cosa una fake? Con il termine inglese fakesi individua un concetto un po’ più complesso della nozione di notizia falsa, in quanto rappresenta una manipolazione della verità.

Ogni giorno una notizia viene travisata o modificata e diventa una fake news. Notizie false che riescono facilmente a essere interpretate come veritiere, senza verifiche ulteriori.

E’ estremamente facile manipolare la realtà online.

Le notizie false esistono da quando l’uomo ha imparato a comunicare. Con l’avvento del web e di internet, il fenomeno delle fake news si è però ampliato e con i social ha trovato terreno fertile. 

Un post sui social può arrivare ad essere veicolo di odio razziale o di disinformazione sanitaria.

Stiamo perdendo l’interesse e la curiosità verso la ricerca della verità dentro e fuori dalla rete.

Purtroppo, in senso negativo, si  registra la presenza nel web di esperti, farmaci miracolosi, informazioni di dubbia qualità, che creano ad arte il virus della disinformazione. Tanto è il potere dell’informazione, che è facile cadere nella trappola del “condividi”.

Da condividere il messaggio di Papa Francesco in occasione della Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali: “Mettendo insieme informazioni non verificate, ripetendo discorsi banali e falsamente persuasivi, colpendo con proclami di odio, non si tesse la storia umana, ma si spoglia l’uomo di dignità.

È dovere etico e morale di ognuno di noi avviare un percorso di analisi e di scoperta per verificare la veridicità di una notizia e se abbia senso condividerla.

Con tutta questa overdose di informazione e disinformazione è entrato in crisi il ruolo dei giornalisti e professionisti della comunicazione, che dovrebbero fare da filtro e procedere sempre alla verifica di ogni fonte. I social media di contro hanno messo in crisi i tradizionali modelli editoriali, dall’informazione cartacea a quella radiotelevisiva. I giornalisti professionisti rivendicano che preparazione, formazione continua, deontologia, tutela del trattamento economico, garantiscono una qualità dell’informazione contro la disinformazione; chi invece opera fuori dal contesto giornalistico ufficiale, cerca un riconoscimento per proporre come informazione, notizie, argomenti, opinioni indipendenti. L’uno contro l’altro. I primi hanno atteggiamenti corporativistici, i secondi fomentano sentimenti di sfiducia verso la credibilità della stampa, vista come casta.

Ci vuole una risposta culturale forte e determinata da parte di tutti, perché la disinformazione, la fake news, condiziona le nostre scelte e i comportamenti di coloro che la leggono. E quando ciò si allarga fino a diventare un fenomeno, i danni possono essere davvero disastrosi: una vera pandemia.

Occorre quindi avviarsi verso la scuola di Media Literacy. L’Unione Europea la definisce ufficialmente come “la capacità di accedere ai media, di comprendere e valutarne criticamente i diversi aspetti a cominciare dai loro contenuti, di creare comunicazione in una varietà di contesti”. Essa si apprende attraverso lo studio e l’esercizio, tanto che dovrebbe essere insegnata nelle scuole. In Finlandia, ad esempio,  fin dalle scuole elementari si  incoraggia il pensiero critico online. La soluzione quindi è una sola: educare ed educarci, per identificare, smascherare e debellare ogni fake news e difenderci da esse, stroncandole sul nascere.

Altrimenti sarà lockdown social per pandemia causato dal virus della disinformazione.