Chi sono i tennisti più arrabbiati contro la nuova Coppa Davis. Sarà boicottaggio?


I primi no sono arrivati all’alba della catastrofe, e sono arrivati dai campioni nobili Manolo Santana e John Newcombe, poi ci sono stati gli altri, da Yannick Noah e Leyton Hewitt “il selvaggio” e Jim Courier, ex gladiatori oggi capitani di Coppa Davis. Ma nell’assemblea mondiale di Disneyworld il 16 agosto ad Orlando il voto dell’Australia tutta non è servita, unica delle quattro nazioni sede degli Slam decisamente contraria a cambiar radicalmente faccia alla gara a squadre più famosa dello sport dopo 118 anni di gloriosa carriera. La Gran Bretagna ha nicchiato, con la sua federtennis, la Lta, ufficialmente contro ma l’All England Club – la casa di Wimbledon – a favore, mentre la nuova Francia di Bernard Giudicelli s’è schierata con gli yankees, con in testa il presidente Itf, David Haggerty e quello della Usta, Katrina Adams. 

La Spagna aveva il sì sicuro dalla bandiera Rafa Nadal, amico da sempre di Gerard Piqué, lo stopper del Barcellona che, con 3 miliardi di dollari in 25 anni del suo gruppo di investimenti, Kosmos, ha spostato l’ago della bilancia raggranellando il decisivo 71,43% dei voti (era necessaria quota due terzi, cioé 66,67%). Novak Djokovic era da tempo sofferente, da eroe della sua piccola-grande patria Serbia, alle pressanti chiamate stagionali che gli spezzavano la stagione, e da presidente dell’associazione giocatori Atp ha sicuramente aiutato il fronte del sì.

Pure Roger Federer era per il cambiamento, ma non così radicale, con la fase decisiva in sede unica, 18 squadre divise in gironi all’italiana, confronti di due giorni soli, i cinque set tagliati a tre, due wild card a disposizione degli organizzatori, per recuperare la squadra di casa e una big, calpestando la natura stessa dello sport. Di certo, il Magnifico avrebbe potuto aiutare la causa dell’old tennis, quello al quale si è ispirato, ma non s’è schierato, per salvaguardare la neonata Laver Cup, una sorta di Ryder Cup golfistica, Europa-Resto del mondo che ha impiantato col manager, Tony Godsick. Salvo poi protestare quand’ha capito che la nuova Davis potrebbe anticipare da novembre a settembre, subito dopo gli Us Open, chiudendo virtualmente la stagione e svuotando ulteriormente di significati tutti gli altri appuntamenti già sofferenti degli ultimi mesi dell’anno. Figurarsi il torneo a inviti di Federer, la cui seconda edizione è fissata il 21-23 settembre a Chicago, con Djokovic, Alexander Zverev, Martin Del Potro e capitani Bjorn Borg e John McEnroe, ed è già promessa nel 2019 all’amata Ginevra. 

Mentre nella guerra di potere e di soldi fra i troppi interessi del tennis, Lille perde terreno nei confronti di Madrid come candidata alla prima Piqué Cup 2019 – per favore, non chiamiamola più Davis Cup -, l’Atp, che gestisce i non Slam, rilancia la World Cup, sposta la gara a squadre da maggio a gennaio dalla Germania all’Australia, e ci apre la stagione. Immolando la Hopman Cup. E i giovani? Sono quelli he hanno fatto la figura migliore in questa brutta rivoluzione che avrebbe dovuto rivedere la formula della Davis magari trasformandola in biennale, ma non stravolgendone il significato e l’identità nazionalista. In questo senso si sono espressi tanti francesi – con la Federazione su posizioni nettamente opposte! – con il numero 1 dei più giovani Lucas Pouille che ha denunciato: “La nuova Davis è la stessa idea dell’ATP di rigenerare la World Cup, una settimana, tante squadre e un po’ di denaro. Non è più la Davis, non giochiamo più a casa o nel paese della squadra contro la quale giochiamo. Non sarà più la stessa atmosfera”.

I NextGen canadesi, i “gemelli” Shapovalov e Aliassime, hanno contestato in coro: “Abbiamo sempre sognato di giocare un giorno la finale di Davis davanti al nostro pubblico, purtroppo ora sappiamo che non sarà possibile. E siamo tristi”. Sarebbe bello sperare in una protesta più accesa, magari in un clamoroso boicottaggio come quello di Wimbledon 1973, quando, per solidarietà con Niki Pilic (sospeso dalla sua federazione), 81 dei primi del mondo saltarono i Championships. Altri tempi, altre personalità. 

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Fonte: sport agi