Bonus Affitti. Non per tutti. Cosa prevede il decreto Cura Italia


Un bonus fiscale con diverse limitazioni, quello previsto per i negozi dal decreto Cura Italia (Dl 18/2020, articolo 65). Si tratta, in particolare, di «un credito d’imposta nella misura del 60 per cento dell’ammontare del canone di locazione, relativo al mese di marzo 2020, di immobili rientranti nella categoria catastale C/1».

L’agevolazione spetta al conduttore, è riservata ai soggetti esercenti attività d’impresa e non si applica alle attività che restano aperte durante l’emergenza coronavirus, individuate agli allegati 1 e 2 del Dpcm 11 marzo 2020 (ad esempio, le farmacie, i negozi di alimentari e le edicole).

Le limitazioni

Il primo vincolo riguarda la categoria catastale, limitata alla C/1 (negozi e botteghe, in cui ricadono però anche molti bar, ristoranti e pizzerie). Non viene fissato un tetto di superficie, ma è il limite della categoria che riduce parecchio la platea dei beneficiari.

I negozi iscritti in catasto come C/1 sono attualmente circa 1,9 milioni, di cui 809mila risultano posseduti da persone fisiche e dati in locazione. Gli uffici (A/10) sono invece 660mila (di cui 171mila posseduti da persone fisiche e dati in affitto) e i laboratori (C/3) 621mila. Molto più numerosi i magazzini (7,2 milioni di C/2), ma questa categoria include anche soffitte e cantine. Ad oggi, questi locali non “generano” alcun credito d’imposta, anche se dovessero essere destinati in via di fatto all’esercizio di attività di vendita al dettaglio.

Il calcolo del bonus

Il canone su cui calcolare il credito è quello «relativo al mese di marzo», ovviamente 2020, perché il credito è riferito solo a quest’anno e almeno per ora limitato a questa sola finestra mensile (salvo possibili estensioni da parte di provvedimenti successivi).

Il credito è quindi calcolato sul canone contrattualmente riferibile al mese di marzo, senza che su ciò influisca in alcun modo il principio di cassa. Non rilevano, perciò, eventuali ritardi di pagamento o dilazioni. Si pensi, ad esempio, a un contratto che prevede un canone mensile di 1.000 euro per il mese di marzo, per il quale il locatore accetti un pagamento frazionato di 500 euro il 16 marzo e 500 euro il 16 aprile: il credito sarebbe comunque di 600 euro.

Discorso diverso se il canone è stato formalmente ridotto – anche solo in via temporanea ma già con decorrenza dal 1° marzo – in virtù di un accordo tra le parti, ad esempio portandolo da 1.000 a 500 euro. In questo caso, il tax credit matura sull’ammontare del nuovo canone ridotto ed è pari a 300 euro.

Ricordiamo che l’accordo tra locatore e conduttore per la riduzione del canone di un contratto di locazione in corso di esecuzione non deve essere obbligatoriamente comunicato all’agenzia delle Entrate (e se lo si registra è esente da imposta di registro e di bollo in virtù dell’articolo 19 del Dl 133/2014). Ma questo, da un lato, non esime il conduttore dal calcolare il credito sull’importo rimodulato; dall’altro lato, resta la considerazione che la registrazione dell’accordo è “caldamente consigliata” dal punto di vista del locatore, per non vedersi chiedere dal Fisco le imposte parametrate sul canone originale.

Resta da capire se, per la maturazione del credito, il canone debba essere regolarmente pagato. La legge non lo richiede espressamente (si veda anche l’articolo in basso).

Altri locali e pertinenze

Spesso con un solo contratto sono locate più unità immobiliari. È logico, in questi casi, operare sulla falsariga di quanto chiarito dalla circolare 26/E/2011 per la cedolare secca.

Perciò, il canone relativo alle pertinenze locate congiuntamente al negozio, farà maturare il credito d’imposta (ad esempio, un magazzino C/2, affittato insieme a un negozio C/1). Di contro, il canone riferibile alle altre unità locate con il negozio (ad esempio una casa in categoria A/3) non “genererà” credito d’imposta e andrà scorporato; se il contratto indica una cifra unica, bisognerà calcolare la quota riferibile al negozio rapportando le rendite catastali delle due unità.

I soggetti

Il credito d’imposta spetta al conduttore a prescindere dalla connotazione giuridica del locatore.

Il conduttore, però, deve svolgere attività d’impresa: secondo la lettera della legge, quindi, non rientrano quindi nel perimetro agevolativo:

professionisti;

autonomi;

enti non commerciali, a meno che non esercitino anche attività d’impresa.

La relazione illustrativa potrebbe aprire qualche spiraglio, da confermare da parte delle Entrate (si veda ancora l’articolo in basso).

Il credito

L’utilizzo del credito può avvenire solo in compensazione (con altri tributi) in base all’articolo 17 del Dlgs 241/97 tramite il modello F24, con il codice tributo 6914 («Credito d’imposta canoni di locazione botteghe e negozi -articolo 65 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18»), istituito con la risoluzione 13/E di venerdì scorso.

 

Fonte:ilsole24ore

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