di Gianni De Iuliis
La strage di piazza Fontana fu conseguenza di un grave attentato terroristico compiuto il 12 dicembre 1969 nel centro di Milano presso la Banca Nazionale dell’Agricoltura e che causò 17 morti e 88 feriti. Considerata «la madre di tutte le stragi», il «primo e più dirompente atto terroristico dal dopoguerra», «il momento più incandescente della strategia della tensione» e da alcuni ritenuto l’inizio del periodo passato alla storia in Italia come anni di piombo.
Per tanti aspetti si può parlare d’una storia della Repubblica prima e dopo piazza Fontana. Gli attentati terroristici di quel giorno furono cinque, concentrati in un lasso di tempo di appena 53 minuti, e colpirono contemporaneamente Roma e Milano, le due maggiori città d’Italia.
Le lunghe e innumerevoli indagini hanno rivelato che la strage fu compiuta da terroristi dell’estrema destra, probabilmente collegati a settori deviati degli apparati di sicurezza dello Stato con complicità e legami internazionali, i quali però non sono mai stati perseguiti. Nel giugno 2005 la Corte di Cassazione stabilì che la strage fu opera di «un gruppo eversivo costituito a Padova nell’alveo di Ordine nuovo» e «capitanato da Franco Freda e Giovanni Ventura», non più perseguibili in quanto precedentemente assolti con giudizio definitivo (ne bis in idem) dalla Corte d’assise d’appello di Bari nel 1987; non è mai stata emessa una sentenza per gli esecutori materiali, coloro che cioè portarono la valigia con la bomba, che restano ignoti.
Le indagini si sono susseguite nel corso degli anni, con imputazioni a carico di vari esponenti anarchici e neofascisti; tuttavia alla fine tutti gli accusati sono stati sempre assolti in sede giudiziaria
Nel memoriale Moro il presidente democristiano avrebbe indicato come probabili responsabili della strage, così come in generale della strategia della tensione, rami deviati del SID in cui si erano insediati negli anni diversi esponenti legati alla destra, con possibili influenze dall’estero, mentre gli esecutori materiali erano da ricercarsi nella pista nera.
«È mia convinzione però, anche se non posso portare il suffragio di alcuna prova, che l’interesse e l’intervento fossero più esteri che nazionali. Il che naturalmente non vuol dire che anche italiani non possano essere implicati.»