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Agroecologia: da Agrigento roadmap per transizione Mediterraneo

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Una roadmap per avere una giusta transizione agroecologica nell’area del Mediterraneo: è questa l’eredità del 1° Congresso Internazionale di Agroecologia (AEMED 2025) che da lunedì a oggi ha impegnato oltre 400 partecipanti provenienti da 28 Paesi nel mondo, tra scienziati, universitari, tecnici ed agricoltori. Una quattro giorni vissuta intensamente tra esperienze e scambi, non solo nelle sale congressuali, ma anche nell’Agroecology Open Space, diretto dalla direttrice artistica Rossana Danile, dove arte, scienza e storytelling hanno offerto occasioni emozionali e brainstorming dal respiro internazionale.
Questo primo congresso di Agroecologia del Mediterraneo ha consentito ai soci di rafforzare le relazioni interne all’associazione e con altre organizzazioni di agricoltori, i ricercatori e le comunità nel loro complesso. Quindi l’opportunità di partecipare a percorsi di sviluppo della formazione in un’ottica di co-learning e co-innovation, come ad esempio quelli già portati avanti dall’Università di Milano o previsti nel progetto RiflAessi coordinato dal CREA. Inoltre, è stato possibile interagire con i giovani dell’Agroecology Europe Youth Network (AEYN) ed altri movimenti giovanili, aprendo la strada per future azioni in comune. Possibile anche ⁠sviluppare ricerca innovativa in rete con gli enti intervenuti ad AEMED e in collaborazione con tutte le reti di agricoltori con cui si è entrati in contatto. Un altro momento importante è stata la condivisione di un documento proposto dai giovani di AEYN e approvato all’unanimità dall’assemblea congressuale relativo alla questione palestinese e in generale alla missione di pace intrinseca nell’agroecologia. Il congresso, organizzato dall’Associazione italiana di agroecologia (AIDA). si è incentrato su come affrontare e sfruttare la crisi come motivo e stimolo per una visione del rapporto uomo-natura rinnovato rispetto a un modello di agricoltura cosiddetto “convenzionale” risalente al secondo dopoguerra e caratterizzato dalla crescente esasperazione dei sistemi di coltivazione (lavorazioni profonde, uso inopportuno di insetticidi, diserbanti, fertilizzanti di sintesi, ecc.), il che ha finito con determinare una interferenza sugli ecosistemi planetari.
I temi chiave del dibattito hanno riguardato la desertificazione, che nel mondo si attesta intorno al 40% e in Europa sale al 60%; la perdita di biodiversità che ha investito tutto le specie (insetti, uccelli, funghi, ecc.) compromettendo la reciprocità delle relazioni e le connessioni e capacità produttiva (anche per soli fini alimentari) dell’intero pianeta. Uno scenario poco rassicurante e che sta registrando l’impegno in tutto il mondo di ricercatori, agricoltori e cittadini comuni per invertire questo trend negativo.
La dottrina comune è appunto la “agroecologia”, una scienza relativamente giovane, che sta connettendo buone pratiche del passato con una innovazione scientifica e tecnologica senza precedenti. E questo sta favorendo, specie tra i giovani, un dialogo dove la condivisione, la connessione e la cooperazione tra i popoli prova a tracciare nuovi percorsi che configurano una economia armonica, con una disattivazione progressiva della economia lineare.
Attraverso un processo partecipativo e tavole rotonde, al congresso sono stati elaborati tre documenti per definire indirizzi e direttive in ambito: uno scientifico, per orientare la ricerca verso le reali necessità dell’agroecologia nel Mediterraneo; uno tecnico, per promuovere soluzioni e pratiche innovative applicabili alle realtà agricole mediterranee; uno politico, per offrire linee guida e proposte per politiche pubbliche mirate allo sviluppo dell’agroecologia. (AGI)
RMU/BAS