Type to search

Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile OBIETTIVO 10: RIDURRE LE DISUGUAGLIANZE

Share

La crescita economica non è sufficiente per ridurre la povertà se non si tratta di una crescita inclusiva e se non coinvolge le tre dimensioni dello sviluppo sostenibile: economica, sociale e ambientale. Per ridurre la disparità, le politiche dovrebbero essere universali e prestare attenzione ai bisogni delle popolazioni svantaggiate ed emarginate

di Gianni De Iuliis

L’obiettivo n. 10 dichiara che entro il 2030 bisogna ridurre le disuguaglianze all’interno di e fra le Nazioni.

La comunità internazionale ha fatto progressi significativi per sottrarre le persone alla povertà. Le nazioni più vulnerabili continuano a farsi strada per ridurre la povertà. Tuttavia, l’ineguaglianza persiste e rimangono grandi disparità di accesso alla sanità, all’educazione e ad altri servizi. Inoltre, mentre la disparità di reddito tra i diversi paesi sembrerebbe essersi ridotta, la disparità all’interno di un medesimo paese è aumentata. La crescita economica non è sufficiente per ridurre la povertà se non si tratta di una crescita inclusiva e se non coinvolge le tre dimensioni dello sviluppo sostenibile: economica, sociale e ambientale. Per ridurre la disparità, le politiche dovrebbero essere universali e prestare attenzione ai bisogni delle popolazioni svantaggiate ed emarginate.

A oggi la disparità di reddito è aumentata dell’11% nei Paesi in via di sviluppo; più del 75% della popolazione vive in società in cui il reddito è distribuito in maniera assolutamente poco omogenea; in un sondaggio globale condotto dal programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo, è emerso che i decisori politici di tutto il mondo hanno riconosciuto che l’ineguaglianza nei loro paesi è generalmente elevata e costituisce una potenziale minaccia per uno sviluppo sociale ed economico a lungo termine.

Analizziamo come si sostanzia il goal n. 10 indicandone alcuni sub-obiettivi.

Raggiungere entro il 2030 e sostenere la crescita del reddito del 40% della popolazione nello strato sociale più basso; potenziare e promuovere l’inclusione sociale, economica e politica di tutti, a prescindere da età, sesso, disabilità, razza, etnia, origine, religione, stato economico o altro; assicurare pari opportunità e ridurre le disuguaglianze nei risultati, anche eliminando leggi, politiche e pratiche discriminatorie e promuovendo legislazioni, politiche e azioni appropriate a tale proposito; adottare politiche, in particolare fiscali, salariali e di protezione sociale, per raggiungere progressivamente una maggior uguaglianza; migliorare la regolamentazione e il monitoraggio di istituzioni e mercati finanziari globali e rafforzare l’attuazione di tali norme; assicurare una migliore rappresentanza che dia voce ai paesi in via di sviluppo nelle istituzioni responsabili delle decisioni in materia di economia e finanza globale e internazionale, per creare istituzioni più efficaci, credibili, responsabili e legittimate; rendere più disciplinate, sicure, regolari e responsabili la migrazione e la mobilità delle persone, anche con l’attuazione di politiche migratorie pianificate e ben gestite; attuare il principio del trattamento speciale e differente riservato ai paesi in via di sviluppo, in particolare ai meno sviluppati, in conformità agli accordi dell’Organizzazione Mondiale del Commercio; incoraggiare l’aiuto pubblico allo sviluppo e i flussi finanziari, compresi gli investimenti diretti esteri, per gli stati più bisognosi; ridurre a meno del 3% i costi di transazione delle rimesse dei migranti.

Per quanto concerne il contesto italiano, il Rapporto ASviS rileva che l’evoluzione legislativa presenta una serie di provvedimenti necessari, ma non ancora sufficienti, per incidere significativamente sulla riduzione delle profonde disuguaglianze che attraversano il Paese e che hanno amplificato drammaticamente gli effetti economici e sociali della crisi sanitaria provocata dalla pandemia. L’azione del governo italiano, infatti, è stata orientata principalmente verso politiche di protezione, rivelando la mancanza di una visione integrata e di lungo termine. Nel 2020 la crisi sta ampliando le disuguaglianze sociali: il Covid-19 ha colpito un Paese già fragile, con diffuse sacche di povertà e disagio sociale. Durante il lockdown, i lavoratori nei settori colpiti dalle chiusure mostrano livelli medi dei salari decisamente inferiori rispetto agli occupati nei settori “essenziali”. Inoltre, segnali di crescita delle disuguaglianze vengono evidenziati dal calo nel secondo trimestre 2020 del tasso di occupazione giovanile tra i 15 e i 34 anni (-3,2 punti percentuali) e di quello degli stranieri (-5,5 punti percentuali), rispetto al totale pari a -1,9.

Chiudiamo con le proposte dell’ASviS su “Ridurre le diseguaglianze”.

«Prevedere un forte investimento sulla scuola e sull’educazione nel prossimo Piano nazionale per la ripresa e la resilienza (Pnrr), nell’ambito di un quadro organico che promuova azioni fondate sull’alleanza tra Comuni, autonomie scolastiche, civismo attivo e terzo settore, istituzioni culturali e mondo produttivo.

Impostare una riforma fiscale complessiva, per riequilibrare il carico delle imposte fra i diversi ceti sociali e rafforzare la progressività effettiva del sistema fiscale nel suo complesso.

Elaborare politiche che favoriscano un maggior coinvolgimento dei lavoratori e delle comunità locali nelle decisioni strategiche delle imprese, promuovendo, ad esempio, dei “Consigli del lavoro e della cittadinanza” e rafforzando gli strumenti di sostegno a favore di quei lavoratori che intendono rilevare la propria azienda in crisi.

Indirizzare il cambiamento tecnologico verso obiettivi di giustizia ambientale e giustizia sociale, anche attraverso la leva del sistema delle imprese pubbliche e delle università.

Disegnare una società più inclusiva, resiliente e sostenibile attraverso forti indirizzi strategici nazionali e politiche “rivolte ai luoghi”, più che di sussidi a pioggia o progetti cantierabili tra loro isolati.

Attuare un deciso rinnovamento della pubblica amministrazione, che trasformi il massiccio ricambio generazionale in atto in una strategia-Paese, valorizzando nella selezione del personale le competenze tecniche e organizzative e curando la loro immissione nelle amministrazioni, offrendogli ruoli importanti per migliorare il loro funzionamento».